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Governo, Landini fa già la guerra a Meloni: “Senza risposte pronti alla piazza”

Pietro De Leo
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Evviva il dialogo, abbasso i pregiudizi e gli steccati ideologici. Detta così, parrebbe una favola. Ma siccome siamo nel mondo reale, dove ogni percorso è irto di asperità, ci si prepara all'incontro di oggi tra il Presidente del Consiglio e i sindacati con l'artiglieria verbale preliminare del leader Cgil, Maurizio Landini. Che a tutto pare orientato men che a stabilire con l'Esecutivo un confronto il più possibile virtuoso, considerando la difficile fase sociale attraversata dal nostro Paese. Già sabato scorso, in Piazza San Giovanni, durante la manifestazione per la Pace in Ucraina, aveva attaccato la normativa anti-rave e la politica di contrasto all'immigrazione irregolare (andando un po' fuori del seminato rispetto al tema dell'evento). Ieri, proprio per dare un segno di approccio disteso alla vigilia, ha rincarato la dose. Sui rave e sull'immigrazione, ha detto, i primi passi del governo «ci sono sembrati un brutto inizio. Aggiungerei anche l'aumento del contante a 10 mila euro in un Paese dove ci sono 6 milioni di persone che, lavorando, non arrivano a 10mila euro lordi: il problema nel nostro Paese non è alzare il contante, è mettere il contante nelle tasche di chi non ce l'ha». Sull'immigrazione, poi, sottolinea: «La posizione della Cgil è molto precisa: tutte le persone che scappano dalle guerre, dalla fame, debbono essere accolte. Così è stato nei mesi scorsi. Non comprendiamo, non accettiamo e non condividiamo quello che sta succedendo adesso. Non bisogna far morire nessuno, e tantomeno far discriminazione di questa natura tra le persone. Credo che questo sia un comportamento sbagliato del governo e, per quel che ci riguarda, va cambiato rapidamente».

 

 

Una linea perfettamente sovrapponibile a quella dei leader della sinistra, abbastanza disallineata rispetto alla realtà dei fatti: nessuno vuol far morire esseri umani in mare, e a quanti non è stato consentito di sbarcare, sono stati comunque assicurati assistenza e pasti caldi. Tornando agli obiettivi di politica economica, poi, osserva: «Noi siamo contrari alla flat tax e lo diremo anche nell'incontro con il governo, perché in un Paese che ha 120 miliardi di evasione fiscale il tema fondamentale è come questa si combatte». Inoltre, «dall'altra parte noi abbiamo bisogno di una riforma fiscale che assuma il principio della progressività prevista dalla nostra Costituzione e che riduca la tassazione a partire dai livelli più bassi». Con un intendimento che definire bellicoso è poco: «Prima di arrivare a delle mobilitazioni credo che ci sia bisogno di chiedere al governo di fare il proprio mestiere. È evidente che se non dovessero esserci delle risposte decideremo tutte le iniziative necessarie. Noi abbiamo delle proposte e delle rivendicazioni precise, valuteremo le risposte e l'atteggiamento del governo».

 

 

Insomma, al tavolo con il bottone rosso della tensione sociale pronto a essere premuto. Il «brutto inizio» probabilmente è proprio questo. Specie laddove non si riesce a cogliere dove finisca il profilo del sindacalista e cominci quello dell'ennesimo leader ipotetico a sinistra, di cui vi è un campionario assai affollato.

 

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