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Migranti, pugno duro di Piantedosi: “Stop navi delle Ong nel Mediterraneo. Barconi da azzerare”

Carlantonio Solimene
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Le navi di due Ong per le quali è stato ipotizzato il divieto di sbarco. I manganelli con i quali i poliziotti hanno respinto l’assalto dei collettivi di sinistra all’Università la Sapienza. Martedì il govermno Meloni era in carica da appena 72 ore, ma per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è stata già una giornata particolarmente impegnativa. È lui l’uomo del giorno al Senato. I parlamentari leghisti fanno la fila per mollargli una pacca sulla spalla. E, d’altronde, nelle prime dichiarazioni ufficiali pronunciate l’ex prefetto di Roma ha ricalcato pari pari i dogmi salviniani sull’immigrazione: «Se i migranti sono su navi straniere si può vietare lo sbarco in Italia» argomenta in un colloqui con «La Stampa», aggiungendo che «noi non possiamo accettare il principio che uno Stato non controlli i flussi di chi entra. Io credo molto nei corridoi umanitari di Sant’Egidio. Frenare le partenze significa anche limitare le morti in mare, che mi ripugnano e che vedo ormai quasi non fanno più notizia». La sua non è una linea anticaritatevole, ci tiene a sottolineare: «Fin quando quei poverini sono sulle navi, tutti si commuovono. Appena a terra, guardano tutti da un’altra parte. Chi parla di integrazione, di ruolo dei Comuni e dello Stato, non sa di che parla. Come? Chi? Con quali soldi? Ho visto a Roma gente che era sbarcata 2-3-4 anni fa, ha fatto richiesta di asilo, e adesso sta gettata in strada senza speranza». Gli sbarchi, osserva, «non dipendono solo dalle Ong, però è anche vero, pur se negano, che queste navi umanitarie sono un fattore di attrazione per i migranti, il cosiddetto pull factor. In Europa lo sanno tutti».

 

 

L’orizzonte per il futuro, quindi, «sarà puntare a che non ci siano navi che trasportano migranti nel Mediterraneo. Faremo una forte azione di intesa con i Paesi di origine dei transiti per governare i flussi. Governare i flussi significa fare in modo che siano gli Stati, quelli di origine e destinazione, a governarli concedendo a questi Paesi delle quote di flussi di ingresso regolare». Accordi che saranno proposti «ai Paesi di origine, che sono la Tunisia, la Libia, l’Egitto, l’Algeria».

 

 

Sull’altro tema del giorno, gli scontri all’Università La Sapienza, Piantedosi si mostra più cauto: «Bisogna presumere che chi era sul posto avesse il polso della situazione, bisognava proteggere il luogo dove si svolgeva quella iniziativa» spiega ai cronisti che lo intercettano in Transatlantico. E sui manganelli promette che «vedremo la moviola». In ogni caso il suo attivismo è appena all’inizio. Per oggi ha convocato il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica: «Faremo una carrellata su vari punti all’ordine del giorno, ma per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini io proverò a condividere, con le forze di polizia, le esperienze maturate, come prefetto, in sedi importanti come Roma. Creare un incremento della proiezione operativa delle forze di polizia sul territorio, la visibilità su fenomeni molto complicati, come la movida, il traffico e lo spaccio di droga». «Proveremo a sviluppare maggiore operatività in questo settore», ha concluso. Musica per le orecchie di Matteo Salvini. Che, non a caso, subito commenta: «Applausi». Al Viminale, per adesso, è come se ci fosse tornato lui.

 

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