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Assemblea M5s, il diktat Grillo ai neoeletti: "Basta correnti"
«Il governo della Meloni? Spero duri a lungo». Si è congedato così dal solito assedio di microfoni Beppe Grillo uscendo dal Palazzo. Così che la domanda è rimasta in sospeso: che avrà voluto dire? Parlava da comico o da politico? Per decriptarlo abbiamo provato a chiederlo a chi, ieri mattina, nella sala della Giustizia del Senato, ha partecipato di persona all’assemblea degli eletti M5S. Risultato: Beppe Grillo ormai parla per se stesso e per quei pochi che riescono a capirlo. Ha consegnato a Giuseppe Conte le chiavi di casa e questo vale anche per la linea. Il resto è spettacolo puro.
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L’incontro si è aperto con l’abbraccio tra il guru e l’ex premier immortalato dai parlamentari telefonino alla mano. Lontanissimi i tempi in cui certi raduni venivano trasmessi in streaming ma anche quelli in cui certe riunioni si spiavano dal buco della chiave. Ora è tutto più semplice, i dissidenti non ci sono più. E se ci saranno ripensamenti e pentimenti, altri «Di Maio» insomma, la soluzione sarà la stessa: la porta è sempre aperta. Ma al di là delle parole più o meno concilianti del guru genovese a colpire sono stati i toni usati subito dopo dai senatori grillini. Le parole forti pronunciate nel suo intervento al Senato dall’ex magistrato siciliano Roberto Scarpinato - il pm del processo Andreotti – che ha ripercorso una lunga serie di vicende processuali. Un intervento poco dialogante, più adatto ad un’aula di tribunale che a Palazzo Madama. Sarà opposizione dura, anzi durissima, perciò. Fintamente dialogante sul reddito di cittadinanza, visto che qualcuno – ad esempio alcuni consiglieri regionali campani – hanno già minacciato di salire sulle barricate se il sussidio verrà toccato. A domanda precisa Conte, a latere dell’assemblea, ha risposto: «Noi siamo già in piazza, perché il M5s non ha mai perso i contatti con i bisogni dei cittadini. Io sono sempre in piazza, la politica è ovunque...».
Ma dicevamo della cordialità. Era il giorno delle presentazioni, delle strette di mano. Beppe Grillo, in maniche di camicia e senza la cravatta di ordinanza in Senato, ha accolto a modo suo i neo eletti 5 Stelle: «Se siete qui e solo grazie alla regola del secondo mandato...», ha ricordato. Regola al quale poco dopo ha promesso di attenersi anche Giuseppe Conte, «assolutamente sì sarò pronto ad applicarla quando sarà il mio turno». L’altro punto toccato in questo primo incontro è l’autonomia differenziata. La Lega ne ha fatto una priorità assoluta, un punto cruciale, la condizione della sua permanenza al governo. I presidenti del Veneto e della Lombardia in particolare. Chiedono maggiore autonomia su materie attualmente di competenza dello Stato. Nel suo intervento alla Camera Giorgia Meloni ha confermato che sarà parte integrante del programma. Il «No» all’Autonomia e la difesa del reddito di cittadinanza saranno dunque i due primi cavalli di battaglia del M5S. A differenza del passato questa volta il gruppo dei grillini sembra più compatto. La prima volta senza la Taverna, senza Toninelli, senza i volti storici ma anche più divisivi del M5S. Non a caso Beppe Grillo ha voluto concludere il suo intervento esorcizzando il passato: «Il Movimento è infrangibile, più uniti che mai, non ci devono essere più correnti e correntine. Chiarooo?», ha urlato, facendo gli occhi da pazzo, come in uno dei suoi show. Poi il saluto a Conte: «Ti trovo in formissima, tiriamo fuori tutto il nostro orgoglio». E via in taxi nella ressa del traffico romano.