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Delmastro (FdI): "Tesoretto e Pnrr, ecco come trovare le risorse contro il caro bollette"
Nella domenica segnata dal passaggio delle consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni, il Tempo telefona ad Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d'Italia alla seconda legislatura, uno degli esponenti della famosa «generazione Atreju» che ha segnato la maturazione di una nuova classe dirigente politica.
Primo impatto estetico. Per la prima volta la campanella «passa» ad una donna. Che impressione ha di fonte a questa istantanea?
«In realtà le mie impressioni riguardano anche tanto altro, perché abbiamo compiuto un lungo percorso politico ed umano. Sul piano della "prima donna Presidente del Consiglio" siamo di fronte alla rottura sociale e culturale di una serie di tabù. È la fotografia del fallimento della concezione sul ruolo della donna basata sulle quote rosa. E accende il faro sulla necessità di fornire pari condizioni di partenza a tutti, in modo che emerga chi davvero lo merita, uomo o donna che sia».
Lei era in Parlamento già nel 2018, e dunque ha vissuto «da dentro» l'impennata di consensi di una forza politica che, da una cifra, è diventata primo partito italiano. Quando ha capito che ci sarebbe stato un punto di svolta?
«Ci sono stati due passaggi fondamentali. Il primo è stato quando abbiamo scelto di non entrare nel cosiddetto governo giallo-verde, perché essere in squadra con un partito che ha molti retaggi della sinistra radicale, il Movimento 5 Stelle, avrebbe comportato il tradimento di molte promesse che avevamo fatto. Il secondo, invece, è stato con la nascita del "governo dei Migliori". Gli italiani hanno ben capito che al di là di Draghi di "migliori" non ce n'erano. Noi abbiamo iniziato un lavoro costante con un mondo economico che attendeva risposte concrete, basato sui contenuti dei decreti che passavano nelle Commissioni. Ebbene, in questo modo ci siamo accreditati come interlocutore credibile, e il senso di tutto questo si è percepito alla conferenza programmatica di Milano nella primavera di quest' anno».
Ora, come più volte sottolineato da Giorgia Meloni, la sfida è «da far tremare i polsi». Primo nodo, le coperture per venire incontro alle necessità di imprese e famiglie. Dove si trovano queste risorse?
"Da una parte c'è il lascito di un piccolo tesoretto di 10 miliardi che sarà certamente utilizzato per tenere a galla l'economia reale e le famiglie. Dall'altra parte, ci sono alcuni obiettivi. Sicuramente il tetto al prezzo del gas in sede europea. Poi ottenere una ricalibratura del Pnrr, in modo da utilizzare risorse che già ci sono per affrontare la vera pandemia che abbiamo oggi, quella energetica. Il Pnrr è uno strumento pensato per reagire alla pandemia sanitaria, ma oggi oggettivamente è cambiato lo scenario. E allora le cose sono due: o si mettono in campo nuovi strumenti, oppure quello attuale va in parte ricalibrato. Per quanto siano importanti, credo che in questo momento le piste ciclabili vadano messe in secondo piano rispetto all'economia reale».
Il passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni è avvenuto nel segno della cordialità. Secondo più di un osservatore è prevedibile una certa continuità soprattutto sul dossier economico e nel rapporto con l'Europa. È così?
«La risposta è "radicalmente sì" e "radicalmente no" allo stesso tempo. Spiego: la parte del sì riguarda il fatto che sicuramente ci sarà piena continuità rispetto alle rivendicazioni sul tetto al prezzo del gas. La parte del no, invece, riguarda lo scenario. Draghi aveva un indubbio standing internazionale, ma questo è stato spesso zavorrato da una maggioranza formata da forze incompatibili. Un leader che deve allontanarsi durante un vertice europeo e attaccarsi al telefono per mettere pace tra i leader che nel frattempo in Italia litigano non è il massimo. Ecco, con Giorgia Meloni questo non accadrà, perché c'è una maggioranza coesa e, anche questo a differenza di Draghi, c'è una investitura popolare, forte, che ancora conta nei rapporti con l'Europa».
Ne è sicuro, onorevole? D'altronde, il centrodestra ha fibrillato, anche dopo la campagna elettorale. È immaginabile che da oggi in poi la strada possa essere piana?
«Ne siamo certi. Le slabbrature e le screziature di natura personalistica, acuite dalla competizione elettorale scompaiono di fronte all'omogeneità culturale del nostro elettorato e di fronte all'omogeneità programmatica del centrodestra. Nessuno, in maggioranza, pensa che non si debba contrastare l'immigrazione clandestina o che non si debbano abbassare le tasse».
Che rapporto vi aspettate con l'opposizione?
«Se il buongiorno si vede dal mattino, dobbiamo attrezzarci ad un'opposizione livorosa e incapace di discutere dei temi, ma pregiudizialmente contro».