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Guerra di piazze per la pace: Conte a Roma, Calenda a Milano. E il Pd non sa che fare

Pietro De Leo
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Il Pd fa la guerra sulla pace. Scritta così è paradossale ma di fatto tale è l'avvitamento in casa dem su pressoché tutti i dossier. La sofferenza nella sconfitta, evidentemente, non ha unito i cuori, anzi. E ora lo psicodramma si crea nella manifestazione contro la guerra in Ucraina promossa, per il 5 novembre a Roma, dalla coalizione Europe For Peace. Tra le sigle promotrici vi sono Acli, Arci, Cgil, comunità di Sant'Egidio, Pax Christi, Una tavola per la pace. Iniziativa legittima. Però con un rischio, già emerso in occasione di mobilitazioni simili nei primi giorni seguenti all'attacco russo, ossia che non si distingua bene la definizione tra l'aggressore e l'aggredito. Comunque, a questa manifestazione hanno aderito già Articolo 1 e Sinistra Italiana. Enrico Letta aveva scelto una formula non proprio chiarissima: «È una manifestazione che ci interessa». Il nodo era il fatto se Conte provasse o meno a mettere cappello sull'evento, e si sa quanto il leader del Movimento 5 Stelle sul dossier russo-ucraino abbia assunto una linea non sempre nettamente filo occidentale. L'altroieri, dunque, il capo pentastellato attraverso un video sui social ha dato la sua adesione: «Tacciano le armi, è ora di farci sentire con una sola voce per la pace». Intendimento ribadito anche ieri. Però, qui poi si apre il caos nel Pd.

 

 

Il tweet con cui Conte dava questo annuncio è stato condiviso da Carlo Calenda, per contrapporlo all'iniziativa da lui messa in campo nello stesso giorno: «Scenderemo in piazza a Milano per ribadire il sostegno all'Ucraina contro l'invasore russo. La pace non può nascere dalla resa degli ucraini». Il leader di Azione invita il Pd, +Europa (movimento alleato del Pd) e il sindaco di Milano Beppe Sala. Intanto uno che assicura la sua presenza c'è, ed è Carlo Cottarelli: «Io ci sarò» scrive lapidario su twitter, rilanciando il cinguettio dell'ex ministro dello Sviluppo. E in realtà la sintonia tra i due non è che sia un fatto nuovo, dato che il prof, eletto in Parlamento con il Pd, sino alle soglie della campagna elettorale era a lavoro per dare un importante contributo programmatico al polo di centro. E le reazioni al suo tweet si dividono. C'è chi plaude alla scelta, e chi gli fa notare, in modo educato: «Lei, in un Pd che va a braccetto con Conte non c'azzecca proprio niente». Eh sì, perché in realtà la rotta d'avvicinamento tra i due ex soci del campo largo (che governano insieme città importanti come Napoli e Bologna) esiste, per quanto la segreteria di Letta sia già con le valigie pronte. Dunque, il gesto di Cottarelli è evidentemente segno di un disagio, espresso anche da chi sedeva in Parlamento sino a qualche settimana fa.

 

 

È il caso di Andrea Marcucci, già capogruppo per lunga parte della scorsa legislatura, espressione della quota di post-renziani rimasti nel Pd: «A Letta - dice in un'intervista a Formiche.net - ho sempre riconosciuto una grande forza nel posizionamento internazionale del Pd dallo scoppio della guerra in Ucraina. La decisione di partecipare alla manifestazione del 5 novembre con Conte su una piattaforma "ambigua", indebolisce anche quella. Pace sì ma con il riconoscimento pieno dei diritti e dei territori dell'Ucraina. Non scherziamo anche su questo». E chissà quanto altro disagio va montando, a tal proposito, nella compagine attuale dem, considerando che nel governo Draghi ha espresso con Lorenzo Guerini il ministro della difesa. Insomma, in piazza, e non è un gioco di parole, va in scena una roulette russa, tra rivendicazioni delle scelte filo occidentali fin qui rivendicate ed un nuovo abbraccio con le sigle pacifiste che, da sempre, esprimono ben altra sensibilità.

 

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