gli appunti al veleno
Resa dei conti tra Berlusconi e Meloni: “Prepotente, arrogante, offensiva”
Forza Italia vota con il centrodestra Lorenzo Fontana, contribuendo alla sua elezione alla presidenza della Camera. Ma la ferita provocata dall'astensione di giovedì in Senato su Ignazio La Russa è tutt'altro che sanata. Il voto dei deputati forzisti rappresenta un'altra vittoria per Giorgia Meloni, che «piega» gli alleati, ma a gettare altra benzina sul fuoco è il foglio che Berlusconi teneva in una cartellina appoggiata sullo scranno dell'Aula di Palazzo Madama. Poche velenosissime parole contro il leader di Fratelli d'Italia, quelle vergate a penna dalla grafia del Cav. Il comportamento di Meloni viene definito «supponente, prepotente, arrogante e offensiva». «Giorgia - è scritto nel foglio - è una che non ha disponibilità ai cambiamenti. È una con cui non si può andare d'accordo». «Credo che il presidente Berlusconi dovrebbe dichiarare quello di cui sono quasi certo», e cioè che «quella foto è fake, però deve dichiararlo lui, non posso dirlo io», dice il presidente del Senato La Russa. Ma la richiesta di smentita da parte della seconda carica dello Stato non sortisce alcun effetto. Berlusconi non rettifica, né Forza Italia interviene per minimizzare.
Leggi anche: Governo, il 20 ottobre al Quirinale per le consultazioni: ipotesi incarico lampo per Meloni
Così in serata arriva la replica al vetriolo di Giorgia Meloni, che uscendo da Montecitorio dice ai giornalisti: ««Mi pare che tra le cose scritte da Berlusconi manchi un punto: non sono ricattabile». Rottura totale insomma tra i due leader. Il presidente di Fratelli d'Italia tira dritto: «Caro bollette, tasse, lavoro, approvvigionamento energetico: all'Italia serve un governo autorevole che lavori spedito sulle grandi questioni. Non c'è tempo da perdere - scrive Meloni su Twitter -. Vogliamo dare alla Nazione un governo più autorevole possibile, abbiamo dato agli italiani la nostra parola e, come sempre, la manterremo». L'elezione di Fontana a presidente della Camera rinsalda l'asse Meloni-Salvini e consegna al leader di FdI un'altra vittoria: «Buona la prima anche alla Camera. Sono molto molto contenta che stiamo procedendo spediti come avevamo promesso agli italiani. Faccio i miei auguri al presidente Fontana», commenta Meloni in Transatlantico. Mentre per i ministri è ancora presto: «Per parlare di governo ci vuole un incarico», taglia corto. Ma è proprio sui ministri che si consuma lo strappo tra Meloni e Berlusconi. Il leader di FI non vorrebbe Elisabetta Casellati alla Giustizia e fino all'ultimo ha spinto per ottenere un ministero per Licia Ronzulli, salvo poi essere costretto a mollare davanti al no di Meloni. Agli azzurri andrebbero Antonio Tajani agli Esteri e Gilberto Pichetto Fratin alla Pa. Si parla anche di Annamaria Bernini all'Università, mentre come Guardasigilli si rialzano le quotazioni di Carlo Nordio in quota FdI. Nel 2008 Berlusconi riservò agli ex An entrati nel Pdl quattro dicasteri: Matteoli (Infrastrutture), Ronchi (Politiche Ue), La Russa (Difesa) e Meloni (Politiche giovanili). La stessa quota che ora potrebbe spettare a FI, magari integrata con i ministeri senza portafoglio.
Troppo poco per Berlusconi, che insiste per Giustizia e Mise, con i «falchi» forzisti vicini alla Ronzulli che soffiano sul fuoco. In una pranzo con i maggiorenti azzurri a Villa Grande - rivela Dagospia - il Cav sfoga tutta la sua rabbia contro «quelli di Fratelli d'Italia» che «mi leccavano il culo, aspettavano ore e ore per vedermi. Ero io che distribuivo ministeri. E invece ora mi danno del rincoglionito». Al Cav non piace come si sta muovendo Meloni e non vanno giù i veti sui nomi proposti da FI per il governo. Non mancano le accuse per Matteo Salvini, reo di aver «tradito» Forza Italia e il suo leader. «Voglio dare il mio contributo per un centrodestra forte e autorevole», assicura Berlusconi, che intanto ipotizza di andare da solo alle consultazioni al Quirinale. Una eventualità che rischia di esacerbare ancora di più gli animi, con Meloni pronta a non cedere pur di fare un «governo forte e autorevole», non un «governicchio». Se davvero Berlusconi andrà da solo al Colle, la quota di FI al governo potrebbe essere tagliata ulteriormente e a essere fatti fuori sarebbero gli esponenti azzurri più vicini alla Ronzulli. La spaccatura di Forza Italia è ben nota a via della Scrofa: da una parte le colombe dall'altra i falchi; da una parte l'ala che fa riferimento ad Antonio Tajani (che ha la maggioranza del gruppo alla Camera), dall'altra quella che guarda a Licia Ronzulli (che controlla la pattuglia di senatori). Durante il weekend sarebbe fissato un pranzo ad Arcore tra Berlusconi e i suoi storici amici e consiglieri: Gianni Letta, Fedele Confalonieri e Adriano Galliani. L'obiettivo è evitare una resa dei conti, trovare un accordo ed evitare che FI venga marginalizzata ancora di più.