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Camera, partito, ministeri: il giorno perfetto di Matteo Salvini. Lega ricompatta

Daniele Di Mario
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Un abbraccio liberatorio. La foto che ritrae Matteo Salvini stringersi al neopresidente della Camera Lorenzo Fontana è l'immagine che racconta meglio lo stato d'animo del segretario leghista. Dopo le elezioni i suoi detrattori lo davano per morto, in difficoltà col partito in fibrillazione, l'ala nordista che fa riferimento a Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia in stato di agitazione permanente. Venti giorni dopo, i nemici del segretrio leghista vengono smentiti da uno scenario completamente diverso. Salvini porta a casa la terza carica dello Stato e, quando si formerà il governo, sei ministeri, di cui alcuni di peso, più il ruolo di vicepremier. «Abbiamo dimostrato una grande compattezza, avremo sei ministeri e Giorgetti potrà fare bene all'Economia: al Mef indicheremo lui, questo è fuori discussione», dice il leader ai deputati leghisti nella riunione mattutina che precede il voto per la presidenza della Camera. «Lo ha detto anche Carlo Bonomi: serve un intervento vero contro il caro-bollette, con te al Mef potremo farlo. Giancarlo, prepara la legge di bilancio. E mi raccomando tagliamo le spese della Camera...», scherza Salvini con i deputati.

 

 

La presenza di Giorgetti e di Roberto Calderoli (agli Affari regionali) nell'esecutivo riporta il sereno anche dalle parti di via Bellerio. E l'azione di governo non potrà che trarne benefici. Il rapporto tra Fratelli d'Italia e Lega, e soprattutto quello tra i due leader dei partiti, è saldissimo, praticamente blindato, con FdI che elogia pubblicamente la prova di compattezza dei senatori leghisti nella votazione che ha consegnato a Ignazio La Russa la presidenza del Senato. Lo si capisce anche dall'incontro tra Giorgia Meloni e Salvini nel cortile di Montecitorio. Lei esce dal Transatlantico per fumare una sigaretta, lui la vede la raggiunge, la abbraccia e le dà due baci sulle guance. Il colloquio dura parecchi minuti, i due scherzano davanti agli occhi di decine di giornalisti. Serenità nei rapporti con l'alleata, ma anche nella Lega. Sempre in cortile, Salvini incontra Umberto Bossi - impegnato a fumare l'immancabile sigaro - insieme con Giorgetti, Calderoli e il figlio del Senatùr, Renzo. Immancabile la foto di famiglia leghista. Nel Carroccio sembra tornato il sereno. Anche la scelta last-minute di puntare su Lorenzo Fontana anziché su Riccardo Molinari per la presidenza della Camera non crea troppi mal di pancia. Salvini spiega che è basata sul criterio della rappresentanza territoriale, tradizionale regola leghista. Con tre lombardi che andranno al governo (Giorgetti al Mef, Salvini a Infrastrutture e Trasporti e Calderoli agli Affari regionali) era necessario puntare su un veneto per un ruolo altrettanto prestigioso, come la terza carica dello Stato.

 

 

Erika Stefani, vicinissima a Zaia, non dovrebbe così entrare nel governo. Alessandra Locatelli è invece destinata alla Disabilità. Anche il Viminale andrà in orbita leghista, probabilmente con il prefetto Matteo Piantedosi (già capo di gabinetto all'Interno con Salvini ministro) anche se non è esclusa la possibilità di indicare un politico. Il sesto ministero potrebbe essere uno tra Istruzione e Transizione ecologica. Il puzzle è ancora da definire e sulla squadra di governo pesa lo scontro in atto tra FdI e Forza Italia. «Avevo parlato con Berlusconi, avvisandolo: guarda che Giorgia ha i numeri, non puoi metterti di traverso», è l'aneddoto che Salvini racconta ai deputati leghisti. Poi ai giornalisti dice: «Giovedì in Senato c'è stato un incidente di percorso. Il governo ci sarà per cinque anni. Noi abbiamo idee chiare, siamo pronti». E sui rapporti tra gli alleati aggiunge: «Il centrodestra andrà unito alle consultazioni, è ovvio. Ho sentito Berlusconi, si appianerà tutto. Sono convinto che tutto si risolverà». Quanto al suo ruolo nel governo, il leader leghista è cauto: «Sono a disposizione, non ho pretese o richieste personali e so quello di cui sono capace di fare. Al Viminale l'ho dimostrato».

 

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