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Giorgia Meloni, alta tensione con Letta. Al lavoro sul governo dopo il gelo con Berlusconi

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L'elezione di Ignazio La Russa come presidente del Senato e di Lorenzo Fontana, come guida della Camera segue una "logica perversa" e "incendiaria" che conferma "le peggiori preoccupazioni in giro per l'Europa" scelte "che fanno slittare ancora più a destra la maggioranza". Le parole di Enrico Letta, pronunciate a margine del congresso dei socialisti europei di Berlino, fanno sobbalzare sulla sedia Giorgia Meloni, premier in pectore, che ha chiuso - non senza frizioni - le partite delle presidenze di palazzo Madama e Montecitorio. Parole "gravissime", scandisce Meloni che, in una nota al vetriolo, ritiene "scandaloso" e "un danno per l'Italia, le sue più alte istituzioni e la sua credibilità internazionale", etichettare con tali definizioni la scelta che i parlamentari hanno fatto. "Letta si scusi immediatamente", è la richiesta, che tuttavia cade nel vuoto.

 

Un botta e risposta, roboante a colpi di cinguettii, che prima vede la replica di Peppe Provenzano a nome del Pd: "Giorgia Meloni pretende le scuse da noi, primo partito d'opposizione. Si assuma la responsabilità di aver diviso il Paese con scelte estremiste ai vertici delle istituzioni. Pensi a formare un governo e dare risposte, se ne è capace". Poi la pietra tombale su una eventuale 'ricucitura' dello stesso Letta: "Non è la maggioranza a dire all'opposizione cosa dire e come dirlo". E' scontro, ma che comunque rientra nella normale dialettica politica, tra due partiti che siedono dai lati opposti delle aule parlamentari.

 

Inusuale, se non pericolosa, la tensione che sembra ancora altissima tra Meloni e Silvio Berlusconi. Dopo la prova di forza in Senato e gli 'appunti' contro la leader di Fdi - a favore di flash - il Cav è tornato nella sua Villa San Martino ad Arcore, dove resterà fino ai primi giorni della settimana prossima per poi ritornare nella capitale, pronto per andare alle consultazioni al Quirinale dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Nessun contatto tra i due, soprattutto dopo il messaggio forte e chiaro lanciato dal premier in pectore - "non sono ricattabile" -, l'auspicio tuttavia è che si ritrovi un canale di comunicazione e che non ci siano altri incidenti sulla strada della formazione del nuovo governo. "Sono sicuro che anche fra Giorgia e Silvio tornerà quell'armonia che sarà fondamentale per governare, bene e insieme, per i prossimi cinque anni", rassicura il leader della Lega Matteo Salvini, che oggi a Roma ha lavorato alla squadra e ha focalizzato la sua attenzione sui principali dossier economici. Quello che trapela è che si sia aperta una pausa di riflessione per far decantare, ma in Forza Italia gli animi ribollono. Le due anime del partito - diviso tra falchi e colombe - potrebbe spaccarsi alla resa dei conti: quando Meloni presenterà la squadra con caselle assegnate e nomi scelti per le stesse. Non è infatti peregrina la possibilità che i 'governisti' alla fine rispondano alle sirene dei moderati, qualora Licia Ronzulli voglia tirare ancora di più la corda.

 

Intanto la leader di Fdi passa il week end lontano dai riflettori, divisa tra famiglia e la responsabilità di formare un esecutivo che - come promesso - sarà "autorevole" per affrontare le sfide che il Paese avrà di fronte. E questa sarà la settimana decisiva, che aprirà i colloqui nello studio alla Vetrata con Mattarella a partire molto probabilmente dal 20 ottobre. Un timing che potrebbe avere anche una sorpresa. Tra i corridoi dei palazzi della politica, infatti, avanza l'ipotesi che Meloni sia tentata di non svolgere le sue consultazioni e quindi accettare l'incarico senza riserva. Una scelta dettata da quel "dobbiamo fare presto, non possiamo perdere tempo" che ripete da giorni, anche per evitare ancora inutili frizioni con gli alleati di coalizione. Questo aprirebbe a una accelerazione, con il giuramento già sabato 23 ottobre e la fiducia alle Camere il 26. Nulla cambia invece sul metodo di assegnazione dei dicasteri. Sarà Meloni a scegliere i nomi da portare al palazzo dei Papi.

 

A Fdi andranno i dicasteri come il Mise (Guido Crosetto), Difesa (Adolfo Urso) e Giustizia (Carlo Nordio), Affari Europei (Raffaele Fitto), Sud (Nello Musumeci) e Famiglia che dovrebbe accorpare anche le disabilità (Isabella Rauti). Alla Lega invece Economia (Giancarlo Giorgetti), Affari Regionali- Autonomia (Roberto Calderoli), Agricoltura (Matteo Salvini) e forse Infrastrutture ancora in bilico tra Fdi e Fi. Al partito azzurro invece Esteri (Antonio Tajani), Istruzione e Università (Anna Maria Bernini) e Cultura (Elisabetta Alberti Casellati). Per ora restano fuori i senatori che hanno sostenuto il braccio di ferro su la Russa. In attesa di un contatto 'distensivo' tra Berlusconi e Meloni, prima di salire al Colle. Per ora con la coalizione unita.

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