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Camera dei deputati, Matteo Salvini indica Lorenzo Fontana ma Forza Italia ribolle

Carlantonio Solimene
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Silvio Berlusconi pretende un «chiarimento politico». Giorgia Meloni non sembra intenzionata a concederglielo, limitandosi ad appellarsi alla «responsabilità» degli alleati. E così il quarto scrutinio per l’elezione del presidente della Camera dei deputati, che dovrebbe incoronare il vicesegretario del Carroccio Lorenzo Fontana, partirà oggi alle 10.30 con una robusta dose di incognite.

Che l’andamento delle votazioni al Senato abbia lasciato degli strascichi pesanti all’interno del centrodestra è talmente ovvio che nessuno ne fa pubblicamente mistero. Il deputato forzista Giorgio Mulè, in diretta con la maratona di La7, si esprime in termini chiarissimi: «Il punto non è Licia Ronzulli - spiega - perché noi siamo i primi a non farne una questione di nomi. Il punto è che ogni forza della coalizione deve avere una dignità di rappresentanza». Che gli azzurri, al momento, non si vedono riconosciuta. E non c’è bisogno di retroscena per ipotizzare le richieste, visto che Mulé le svela apertamente: «Forza Italia ha una lunga storia di garantismo, e quindi è naturale che desideri che questa sia in qualche modo rappresentata al ministero della Giustizia. Così come ha interpretato per anni le richieste delle imprese, e questo va riconosciuto nel ministero dello Sviluppo economico». Due poltrone, queste ultime, che Meloni non sembra essere disposta a concedere agli azzurri. Soprattutto la prima, per la quale ieri è tornato vorticosamente a girare il nome dell’ex magistrato Carlo Nordio.

Insomma, il clima nella coalizione è tornato ai minimi storici, con i meloniani che adombrano il sospetto che in Forza Italia la «presa» di Berlusconi sui suoi parlamentari non sia più quella dei tempi migliori e che a Palazzo Madama detti legge Licia Ronzulli. A sgombrare il cielo dalle nubi non sarebbe servito neanche il vertice con i senatori azzurri che Silvio Berlusconi ha celebrato ieri sera nella sua residenza romana di Villa Grande. A ora tarda circolavano addirittura voci sull’ipotesi che Forza Italia non partecipi alla delegazione unica del centrodestra in vista delle consultazioni con Mattarella e che si rechi isolatamente al Quirinale. Voci smentite dalla Lega, ma non ancora dai forzisti. «Non lo so, ne parleremo nei prossimi giorni» chiosa Giorgia Meloni.

Fino a stamattina, in ogni caso, non sarà ancora chiaro se i parlamentari del Cav decideranno di replicare a Montecitorio l’atteggiamento tenuto a Palazzo Madama (non ritirare la scheda) o se faranno buon viso a cattivo gioco e voteranno il leghista Fontana. Anche i più propensi a evitare la rottura hanno l’atteggiamento di chi dovrà turarsi il naso: «Non è un problema di nomi - spiega Alessandro Cattaneo - perché noi non personalizziamo e non mettiamo veti. Noi...». E c’è chi a microfoni spenti si sfoga: «Che figuraccia che abbiamo fatto, prima di un’operazione del genere bisognava essere sicuri che non ci fossero "franchi soccorritori". Certo a sinistra sono proprio str...».

Di sicuro difficilmente alla Camera si ripeterà il «soccorso rosso» verificatosi al Senato. Per evitarlo, infatti, il Pd darà mandato ai propri parlamentari di votare un nome di bandiera in modo di contarsi e di evitare franchi tiratori. La decisione sarà presa all’assemblea del gruppo Dem convocata per stamattina prima dell’Aula.

Se Forza Italia si smarcasse, al centrodestra rimarrebbero 192 voti. Insufficienti per eleggere Fontana. Si vedrà. Il nome del vicesegretario del Carroccio è stato in ogni caso una delle sorprese di ieri. Inizialmente, infatti, l’accordo era stato chiuso su Riccardo Molinari, capogruppo uscente della Lega. Poi Matteo Salvini ha cambiato idea, forse a causa del processo in corso ai danni di Molinari con l’accusa di aver falsificato una lista elettorale della Lega. Procedimento che vivrà il prossimo 24 novembre la prima udienza a Torino: «Ho chiesto a Riccardo Molinari la disponibilità a proseguire il suo mandato da capogruppo della Lega a Montecitorio, nonostante avesse tutte le carte in regola per fare il Presidente della Camera» ha detto Salvini confermando il cambio di nome. Il tutto mentre nell’aula andava in scena lo stanco rituale di tre votazioni a vuoto, con centinaia di schede bianche, passaggio necessario poiché nei primi tre scrutini sarebbe stata necessaria la maggioranza dei due terzi dell’aula, mentre da oggi basterà la maggioranza assoluta.
 

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