la giungla dei portaborse
Pasticcio al Senato, salta il numero legale e la riforma dei collaboratori parlamentari va in fumo
Fumata nera al Senato per la «regolarizzazione» dei collaboratori parlamentari. Ieri era stato convocato un ufficio di presidenza che avrebbe dovuto vagliare la possibilità di assumere la stessa delibera licenziata la settimana scorsa dalla Camera dei deputati.
Sostanzialmente, a Montecitorio si è stabilito che dalla prossima legislatura - che partirà questo giovedì i collaboratori degli onorevoli non saranno più stipendiati dagli stessi deputati attingendo ai fondi per l'esercizio del mandato ma direttamente dall'amministrazione della Camera. Questo teoricamente dovrebbe evitare alcuni malcostumi denunciati in passato, come i contratti in nero, i casi di assistenti sottopagati, il mancato versamento dei contributi.
Una riforma che, seppure perfettibile, è stata accolta con favore dall'Associazione italiana dei collaboratori parlamentari (Aicp) che ne ha auspicato la rapida adozione anche a Palazzo Madama. Un epilogo che appariva scontato con la convocazione dell'ufficio di Presidenza di ieri che, però, non ha raggiunto il numero legale per prendere questa decisione. Dei diciotto membri erano infatti presenti solo in otto. Ne sarebbe bastato appena uno in più per procedere all'approvazione della delibera. I dieci assenti rappresentavano praticamente tutto l'arco parlamentare: La Russa, Calderoli, Giro, Montevecchi, Puglia, Laforgia, Durnwalder, Ginetti, Margiotta e Binetti.
Paradossale il caso di quest' ultima, che ha anche dettato una nota per felicitarsi della svolta, dandola per scontata, ma poi è stata tra gli assenti che hanno determinato il nulla di fatto. La stessa Binetti è tornata poi sull'argomento sui social, dove rispondendo all'appello di Josè De Falco, presidente di Aicp, ha chiesto alla presidente Casellati di «riconvocare il consiglio di Presidenza» perché «anche i collaboratori parlamentari di Palazzo Madama devono poter avere lo stesso trattamento economico e gli stessi diritti dei colleghi della Camera».
Ora la palla torna a Casellati. Teoricamente ci sarebbero ancora due giorni per mettere una pezza: oggi e domani, perché da giovedì si riuniranno le nuove Camere e l'eventuale istruttoria dovrebbe ripartire da zero. «La possibilità di chiudere c'è, basta volerlo» ha sottolineato sui social De Falco.