Italia-Francia, gli infiniti dispetti tra cugini: da Zidane ai Maneskin
Così vicini eppure così lontani. I rapporti tra Italia e Francia sono stati spesso (eufemismo) costellati da frizioni, incidenti di percorso, malintesi. Non serve certo tornare ai tempi di Gino Bartali e ai memorabili versi vergati da Paolo Conte («e i francesi ci rispettano/che le palle ancora gli girano»), basta limitarsi a un rapido excursus degli ultimi anni. A partire dalle risatine che nell’ottobre 2011 l’allora inquilino dell’Eliseo Nicholas Sarkozy si scambiò con Angela Merkel alla domanda sull’affidabilità degli impegni economici presi dal governo Berlusconi che contribuirono ad accelerare l’isolamento internazionale di quell’esecutivo, destinato a cadere appena un mese dopo.
Va detto che, dal punto di vista politico, anche l’Italia non è stata sempre ineccepibile nei confronti dei «cugini» d’Oltralpe. È ormai nella mitologia la disastrosa missione parigina nel 2019 dell’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio accompagnato dal barricadero Alessandro Di Battista per rendere omaggio a quei gilet gialli che stavano mettendo a ferro e fuoco la capitale francese. Macron se la legò giustamente al dito. Poi Di Maio sarebbe diventato addirittura ministro degli Esteri e si trovò a gestire il caso della «CoronaPizza». La tv di Stato francese mandò in onda uno spot dissacrante in cui accostava, in maniera assai poco elegante, il più noto prodotto della cucina italiana all’epidemia di Covid che stava mettendo il Belpaese in ginocchio. Per riparare all’incidente - e alle altre incomprensioni - fu organizzata una pizzata a Roma tra lo stesso Di Maio e l’ambasciatore di Parigi, Christian Masset. E, almeno su quel fronte, si siglò la pace.
D’altronde l’asse franco-italiano sarebbe d’obbligo se i due Paesi volessero davvero riequilibrare l’onnipotenza tedesca in Europa. Questo, per lo meno, era l’obiettivo di quel trattato firmato neanche un anno fa al Quirinale alla presenza di Draghi e Macron al fine di cementare il dialogo tra i due Paesi.
Eppure talvolta la diffidenza strisciante tra i due Paesi riesplode. Magari in economia, quando si tratta di far saltare accordi formalmente già presi (il caso Fincantieri-Stx), magari sul fronte dell’immigrazione (i respingimenti a Ventimiglia), persino in campi meno strategici ma assai nazionalpopolari come lo sport (la testata di Zidane a Materazzi è l’immagine più simbolica) o lo spettacolo. Basti pensare a quanto accadde nel maggio 2021, quando i Maneskin trionfarono all’Eurovision battendo la favorita francese Barbara Pravi e per far squalificare la band romana (per una presunta assunzione di cocaina in diretta tv, poi smentita con tanto di test anti-droga di Damiano) intervenne, a suon di messaggini all’organizzazione della kermesse, persino il presidente Emmanuel Macron.
Come un istinto incancellabile, la necessità di odiarsi nonostante gli interessi comuni. Una rivalità che poi, a dirla tutta, nasconde la reciproca ammirazione. Un ex presidente francese è capitolato ai piedi dell’italiana Carla Bruni, Monica Bellucci è stata diva a Parigi prima che a Roma. E, da queste parti, inutile negarlo, i brindisi più romantici sono quelli con lo champagne. Certo, se proprio si volessero mettere a posto le cose, almeno riavere indietro la Gioconda sarebbe un discreto ramoscello d’ulivo.