tutti contro tutti

Rissa continua nel Pd: Bonaccini già in campo, la sinistra guarda a Orlando

Daniele Di Mario

Il congresso del Partito democratico si terrà a marzo, ma di fato è già partito. Con un segretario-traghettatore delegittimato dagli elettori e dalla sua classe dirigente, il Pd cerca di ritrovare un'identità. Tante le idee: cambio del nome, scioglimento, alleanza con il M5S e campo largo, dialogo con il Terzo polo di Renzi e Calenda. Insomma, confusione totale. Ci sono poi i livori di chi non è stato eletto, con le donne Dem particolarmente adirate con Enrico Letta e i capicorrente accusati tutti di maschilismo per l'esiguo numero di donne elette in Parlamento. Già, le famose quote rosa. La riserva indiana per antonomasia che è costata la segreteria a Nicola Zingaretti dopo la formazione del governo Draghi: il governatore del Lazio se ne andò sbattendola porta accusando il correntismo. A nessuna donna del Pd viene naturalmente in mente che Giorgia Meloni sia più brava di loro e abbia conquistato il successo elettorale per merito e non per quota rosa.

In questo caso, il Pd prova a ripartire. I pretendenti al congresso non mancano. Dall'Emilia Romagna, per dire, ne arrivano due: il presidente della Regione Stefano Bonaccini e la sua vice Ely Schlein.

  

Ovviamente avversari. Bonaccini esce allo scoperto e ammette che il Pd non lo capisce nessuno. «Le alleanze sono importanti ma l'identità di un partito non si costruisce decidendo a tavolino con chi ti vorrai alleare domani, ma decidendo oggi chi vuoi rappresentare e con quale idea di società», scrive su Facebook Bonaccini.

«C'è un'opposizione da organizzare e un'agenda da ricostruire: se nel momento in cui le aziende mettono in cassa integrazione le persone, le famiglie non riescono a pagare le bollette ci mettiamo a discutere di problemi nomi, simboli, alleanze, costituenti non ci capirà nessuno». E allora che fare? «Rinnovare la classe dirigente», spiega Bonaccini, perché «il problema del Pd non sta nel nome o nel simbolo, ma nella capacità di rappresentare le persone e costruire un progetto coerente e credibile per gli obiettivi per cui è nato: dare diritti a chine ha di meno, realizzare una transizione ecologica che tenga insieme le ragioni dell'ambiente con quelle del lavoro, costruire un'Italia più moderna, più forte e più giusta. C'è un problema di credibilità, non di immagine; di sostanza, non di forma; di progetti, non di slogan; di classe dirigente, non di album delle figurine. Ci si riavvicina alle persone parlando dei loro problemi e delle soluzioni che proponiamo, non della nostra immagine. Altrimenti cerchiamo scorciatoie. Anche la classe dirigente va rinnovata nella sostanza, non per slogan». Bonaccini punta sugli amministratori locali: «Hanno dimostrato sul campo di saper vincere o comunque di fare la differenza: smettiamola di tenerli in panchina e rendiamoli protagonisti».

A sinistra di Bonaccini, Andrea Orlando lancia la sua «agenda per il rinnovamento» del Pd puntando l'accento su «lavoro e disuguaglianze» i due punti «da dove partire nella discussione per rinnovare il partito».

Per Marianna Madia «il Pd deve occuparsi di se stesso e ritroPer cento Il risultato ottenuto dal Pd alle ultime elezioni politiche alla Camera dei Deputati. Al Senato i Dem hanno preso poco meno: il 19% vare la sua missione e la sua identità forte di grande partito progressista italiano. Se il prossimo congresso deve essere la resa dei conti tra le correnti radicali e quelle liberal, l'errore è talmente grosso che meglio sciogliere prima il Pd. Un congresso così impostato determinerebbe comunque l'uscita successiva della parte soccombente, sarebbe un congresso basato su premesse politiche totalmente sbagliate».

Per Madia «quelle categorie vivono più sui giornali, sono più funzionali ad una rappresentazione mediatica che alla realtà delle cose che è ben più complessa e richiede soluzioni molto più profonde. E noi invece abbiamo bisogno di tanta realtà concreta per tornare a vincere. Non è nel confronto tra minoritarismi contrapposti che troveremo le soluzioni. Attorno a proposte concrete dobbiamo ricostruire le nostre battaglie, la mobilitazione della società e la nostra forza espansiva, scrollandoci di dosso quest' aura decadente di partito apparato».

Da fuori il Pd, Roberto Speranza spiega: «Se sarà un percorso costituente serio noi ci saremo, ma il modo peggiore di affrontare una rifondazione è partire dal gioco delle figurine. Chi pensa di affrontare questo passaggio difficile con una semplice conta ai gazebo non ha capito la portata del problema».