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Aria di resa dei conti nel Pd. Bettini vuole l'alleanza con il M5S e affossa la stampa radical chic

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La sconfitta del Pd alle elezioni politiche è stata netta e tra coloro incaricati di capirne i motivi e risolvere i problemi c’è Goffredo Bettini, dirigente nazionale del partito, che intervistato da Il Fatto Quotidiano prova a capire i motivi del flop: «Non c’è una sola ragione della nostra sconfitta. Dopo quasi vent’anni, il Pd ha bisogno di un ‘tagliando’ generale. Deve rilanciare la sua identità e una critica moderna della società contemporanea e del modello di sviluppo che ci domina. Va superato il timore di ‘toccare’ il popolo, di attraversarlo. Abbiamo subito troppo i miti del liberismo e il fascino dei tecnici, dei tecnocrati, dei governisti a tutti i costi. Sono tendenze maturate nel corso di trent’anni. Vanno raddrizzate». 

 

 

«Per questo - sottolinea ancora Bettini - è sbagliato gettarci in un improvvisato, superficiale e ipocrita gioco sui nomi e gli organigrammi. Occorre attivare nuovo pensiero, cultura e competenze. Affermare una ‘autonomia’ ideale dei democratici. Enrico Letta ha condotto il Pd con molta dignità. Va rispettato e ringraziato per il servizio che ha svolto in un momento difficilissimo. Sarebbe codardo gettare la croce solo su di lui. Dopo questi risultati negativi, ha detto ‘Congresso in tempi ragionevoli ed io non mi ripresento’. Bene, che sia sulle strategie e non sulle facce. Non facciamoci scegliere il segretario, o la segretaria, dai gruppi editoriali e dal salotto italiano che, dopo aver ampiamente contribuito alla nostra sconfitta, vorrebbero pure dirci come e con chi superarla. Un congresso vero serve come il pane».

 

 

Bettini arriva al punto della questione: l’alleanza con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. «Senza il M5s - dice l’esperto dirigente, che non parla a caso e manda a tutti i dem un segnale - non resta alcuna altra prospettiva politica. Se non l’isolamento, che è stato determinante in senso negativo nella battaglia dei collegi uninominali. Il Pd è principalmente il partito dei ceti medi urbani, civili e progressisti. Conte è più penetrante nel popolo, tra i diseredati. Il rapporto unitario è arricchente per entrambi. Ora occorre ricucire il campo largo per evitare che la destra debordi, per difendere la Costituzione, per non snaturare la Repubblica. E per ricostruire, con umiltà, le condizioni di una nostra rivincita».

 

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