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Elezioni 2022, il centrodestra prenota la presidenza della Regione Lazio

Daniele Di Mario
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Se, insieme con le elezioni politiche, si fosse votato domenica scorsa anche per le regionali nel Lazio, il centrodestra avrebbe stravinto. Dati alla mano, la coalizione di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ha ottenuto il 44,82%, contro il 26,12% del centrosinistra. Una partita senza storia. Per quanto riguarda il voto di lista, Fratelli d’Italia ha preso il 31,44%, Forza Italia il 6,87%, la Lega il 6,11%. Quanto al centrosinistra, il Pd ha ottenuto il 18,32%.

I dati però dicono anche altro. A Lazio 1, comprendente Roma città, il centrodestra ha ottenuto il 37,6% contro il 31,5 del centrosinistra. Mentre a Lazio 2 - le province del Lazio - il centrodestra ha superato quota 50%, attestandosi sul 53,14% contro il 20,64% della sinistra. Il Pd, però, andava in coalizione con Alleanza Verdi e Sinistra (3,89%), +Europa di Emma Bonino (3,33%) e Impegno Civico di Luigi Di Maio (0,58%). Fuori dalla coalizione di centrosinistra, il movimento 5 Stelle (14,8%) e il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi (media regionale dell’8,54%: 11,09 a Lazio 1 e 5,95 a Lazio 2). Se tutti i partiti dell’area progressista andassero uniti la partita per le elezioni regionali sarebbe apertissia e si risolverebbe con una sfida all’ultimo voto. Il tema delle alleanze tiene banco in un Partito democratico dilaniato da polemiche e scontri interni che coinvolgono anche il gruppo capitolino.

«Il problema non era il campo largo. Ma non averlo avuto. Divisi si perde tutti», scrive su Facebook il governatore Nicola Zingaretti, neoeletto alla Camera. «Questa vocazione unitaria che ci ha fatto vincere in tanti territori - aggiunge - Si dovrà discutere per ricostruire una proposta nuova». E l’obiettivo di rimettere insieme Pd, M5S e terzo polo in vista delle elezioni regionali è l’obiettivo di Bruno Astorre, segretario regionale dei Dem, che ripropone il «Modello Lazio». Zingaretti negli ultimi due anni ha governato con una maggioranza alla Pisana formata proprio dal campo largo. Astorre ricorda che se tutto il centrosinistra fosse andato unito alle elezioni politiche, nel Lazio l’alleanza avrebbe raggiunto il 49,41%. «Uniti si può vincere», la sintesi finale di Astorre.

 

 

 

Ma il segretario regionale finisce nel mirino di Base riformista. Nel collegio plurinominale Lazio 2 il M5S supera il Pd ed è secondo partito dopo FdI. Il partito di Giuseppe Conte raggiunge infatti il 15,46%, mentre il Partito democratico si ferma al 15%. «Mentre a Roma Città, grazie al lavoro della nuova Amministrazione Gualtieri, il Pd si colloca al di sopra della media nazionale, in provincia e in tutti gli altri capoluoghi il risultato è pessimo e senza possibilità di appello - dice una nota di Base Riformista, corrente che fa capo a Lorenzo Guerini - Dobbiamo impegnarci in una rapidissima analisi del voto per passare subito a una urgente, inderogabile e seria riflessione da parte del gruppo dirigente del Lazio per comprendere e rimuovere le cause che hanno determinato tali disastrosi risultati».

A gelare il Pd è anche Giuseppe Conte, che non chiude e non apre a un’alleanza alle Regionali. «Veniamo da un’esperienza siciliana in cui ci siamo resi conto che non c’erano condizioni per andare avanti con il Pd e abbiamo detto che quel che accade a Roma non può non avere un effetto anche altrove - dice il presidente M5S - Ogni situazione va valutata caso per caso, valuteremo anche quella della Regione Lazio, c’è ancora tempo, ma poniamo un’asticella molto alta dappertutto. Abbiamo accumulato molta esperienza sul comportamento del gruppo dirigente del Pd e voglio avvertirli: da ora in poi non sarà facile dialogare con noi». Tutto da verificare poi che il terzo polo accetti un’alleanza con i 5 Stelle. A complicare le cose è anche il fatto che a gestire le elezioni (e la scelta del candidato presidente) sarà il segretario uscente Enrico Letta, che ha pessimi rapporti con Conte e Calenda. L’obiettivo del Nazareno è trovare un candidato che possa avviare un dialogo con i possibili alleati. Calenda dal canto suo ha già detto di non ritenere plausibile un sostegno al vicepresidente Daniele Leodori né un’alleanza con il M5S che non vuole il termovalorizzatore di Roma. Il tempo stringe. Dal momento della proclamazione, Zingaretti ha un mese di tempo per dimettersi da presidente della Regione, sciogliere il Consiglio e indire le elezioni entro novanta giorni dalle dimissioni. Al più tardi si potrebbe votare il 12 febbraio. Basterà così poco tempo a sanare le ferite nel centrosinistra?

Intanto nel centrodestra Matteo Salvini chiede di accelerare nella scelta del candidato governatore. «Chiederò all’intero centrodestra - dice il segretario leghista - di individuare subito, cioè entro la settimana o poco più, il candidato governatore» per il Lazio «per evitare rincorse» che nelle ultime elezioni comunali hanno danneggiato il centrodestra. La scelta spetterà con ogni probabilità a FdI, ma la coalizione dovrà discutere sul profilo del candidato: un politico o un civico di alto livello (in passato sono state avanzate le ipotesi del presidente della Croce Rossa Francesco Rocca e del presidente del Credito Sportivo Andrea Abodi). 
 

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