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Pd, risse e scandali: il Lazio imbarazza Letta e affossa i Democratici

Daniele Di Mario
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Non c'è pace per Enrico Letta, costretto a fronteggiare l'ascesa del centrodestra e di Giorgia Meloni, la rimonta di Giuseppe Conte e del M5S e le gaffe del Partito democratico del Lazio. Nell'ultimo mese ne sono accadute di tutti i colori. L'invito a dedurre arrivato dalla Corte dei conti a Nicola Zingaretti per il caso delle mascherine fantasma è solo l'ultimo caso, ma ha la sua rilevanza. Perché il presidente della Regione Lazio è uno degli alfieri del Pd a Roma e nel Lazio in questa campagna elettorale in vista del voto di domani.

Zingaretti è candidato capolista nel primo collegio plurinominale Lazio 1, quello che comprende il centro di Roma, uno dei territori in cui il Pd dovrebbe ottenere più consensi. In queste settimane il governatore ha condotto una campagna elettorale piuttosto solitaria. Con tanto di slogan personalizzato - «Prima le persone» - e manifesti personalizzati. Mai una foto con il segretario Enrico Letta. Una strategia che ha un certo senso: massimizzare il consenso di Zingaretti per trainare la lista del Partito democratico, in crisi a causa di una campagna elettorale controversa: alleanze abortite; compagni di viaggio scomodi (Fratoianni e Bonelli - per dire - non hanno votato la fiducia a Draghi, sono contrari all'agenda di SuperMario e all'invio di aiuti militari all'Ucraina); programmi fatti «non per governare» ma per «salvare la Costituzione»; cervellotici algoritmi sulla spartizione dei collegi sciorinati in conferenze stampa surreali; comizi e dibattiti incentrati solo sul pericolo fascista con poche proposte concrete: il cambio della legge elettorale, la tassa di successione e quella patrimoniale, lo ius scholae, il Ddl Zan, una mensilità in più per i lavoratori. Roba da scoraggiare anche il più convinto e ottimista elettore Dem.

Fortuna che c'è Zingaretti. Almeno a Roma. Poi a luglio esce la classifica del Sole24Ore sul gradimento dei presidenti di Regione e il governatore del Lazio è penultimo. La maggioranza rossogialla con cui governa la Pisana scricchiola per la contrarietà del M5S a realizzare l'inceneritore di Roma fortemente voluto dal sindaco Gualtieri. Nei Comuni di Roma e del Lazio il campo largo affonda alle elezioni amministrative. E, da ultimo, la Corte dei conti chiede a Zingaretti di restituire oltre 11 milioni di euro andati in fumo per mascherine comprate e mai consegnate. I soldi? Mai restituiti. Alla vigilia delle elezioni politiche per Enrico Letta e il Pd è una mazzata mica da poco. Anche perché non è l'unico grattacapo scoppiato in campagna elettorale.

A metà agosto, ad esempio, Il Foglio ha pubblicato un video girato da un balcone il primo giugno - divenuto virale - in cui il capo di gabinetto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, Albino Ruberti, dà in escandescenze nel retro di un ristorante dopo un comizio elettorale per le elezioni comunali a Frosinone al quale aveva partecipato lo stesso Letta. «Inginocchiati o ti sparo», tuona «Rocky» a Vladimiro De Angelis, fratello di Francesco, big dei Dem ciociari e candidato alla Camera. Letta s' indigna, parla di toni e parole inaccettabili. Francesco De Angelis rinuncia alla candidatura e Ruberti rimette il mandato di capo di gabinetto nelle mani di Gualtieri che accetta le dimissioni e lo sostituisce senza alcuna esitazione. Ma il caso non si sgonfia. Escono nuovi particolari della cena alla quale aveva partecipato anche la compagna dell'ex plenipotenziario del Campidoglio, la consigliera regionale Sara Battisti. E fioccano ricostruzioni più o meno fantasiose: polizze assicurative con la Asl (Vladimiro De Angelis è un broker importantissimo di Frosinone per Unipol), rese dei conti per le candidature al Consiglio regionale, faide per la candidatura alla successione di Zingaretti.

L'ex direttore generale della Asl ciociara, Isabella Mastrobuono a Quarta Repubblica accusa di essere stata mandata via per interessi politici e racconta di minacce, ingerenze dei big Pd, primari nominati senza concorso. Né mancano ricostruzioni giornalistiche che vedono nel Ruberti-gate tensioni interne ai Dem per la costruzione del termovalorizzatore e la gestione del ciclo rifiuti. La versione ufficiale dei diretti interessati parla di un diverbio scoppiato per motivi calcistici, per un rigore negato in un derby; uno screzio violento, certo, ma che - viene assicurato - si sarebbe risolto già l'indomani. Pace fatta insomma.

Ma nel frattempo sulla vicenda indaga la Procura di Frosinone che vuol capire se dietro un rigore possa nascondersi dell'altro. L'indagine - spiegano fonti giudiziarie - va avanti. Nel frattempo il Campidoglio è rimasto senza un punto di riferimento. I consiglieri Pd avevano in Ruberti un problem-solver affidabile ed efficiente in grado di risolvere qualsiasi questione. Via lui il caos. Così finiscono sui giornali le tensioni tra il gruppo consiliare del Pd e alcuni assessori: si parla di progetti e iniziative bloccate, assenza di dialogo e di interlocuzione tra Aula e giunta. Con le tensioni in Campidoglio destinate a riverberarsi sulla campagna elettorale, nonostante smentite e rassicurazioni di rito che escludono qualsiasi scontro.

Per rialzare la china di una campagna elettorale nata male e proseguita peggio, il Pd prova così a rifugiarsi nell'«annuncite»: soldi per la Roma-Lido, idee di piste ciclabili senza alcun progetto ancora abbozzato, tagli di nastri, piani per realizzare la Roma in quindici minuti.

Basterà? Nel frattempo il centrodestra- soprattutto Fratelli d'Italia e Lega - incalza e ricorda le «perle» dell'amministrazione Zingaretti: le varie «Concorsopoli» (Allumiere e Latina, con tanto di arresti eccellenti nelle fila democratiche pontine), la gestione di sanità e rifiuti, la gestione economico-finanziaria dei servizi in tredici Comuni dell'area dei Castelli Romani ad opera del Cep (Consorzio Enti Pubblici Spa) di Zagarolo. E lo scandalo delle mascherine fantasma, appunto. Con l'ultimo colpo di scena dell'invito a dedurre arrivato a Zingaretti e Tulumello. Piove sul bagnato per il Pd ed Enrico Letta. 

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