in fermento
Governo, parte il risiko delle poltrone di Stato: la lista dei manager
Il gran ballo delle poltrone degli alti dirigenti dello Stato è iniziato da tempo. In silenzio. Come si conviene alle sfere più alte della burocrazia abituate a lavorare nelle stanze ovattate del potere, lontane dai clamori. Il possibile arrivo del centrodestra al governo ha innescato processi di riposizionamento che ha preso forme differenti. C’è chi ha cambiato posto lasciando posizioni soggette alla legge dello spoil system che fa decadere tutti gli incarichi di nomina politica con l’insediamento di un nuovo governo.
È il caso del potente segretario generale dei beni culturali, Salvatore Nastasi, vicino al ministro Franceschini e dunque in orbita Pd che, per non incappare nella tagliola della partenza obbligata, si è trovato un posto alla presidenza della Siae, la società degli autori. Un modo per restare in attività, al riparo da epurazioni, ma pronto a scendere in campo in caso di possibili rovesciamenti politici o governi tecnici, sempre dietro l’angolo. Per un superburocrate che va in panchina esce, altri sono pronti a rientrare in gioco. Per ora è solo uno spiffero nei corridoi del Tesoro, ma nel caso andasse in porto lo spacchettamento dal ministero dell’economia della parte relativa alle Entrate, potrebbe tornate in pista un ex peso massimo di via XX settembre come Vincenzo Fortunato, ex capo di Gabinetto e coordinatore degli uffici legislativi del ministro Giulio Tremonti. Oggi Fortunato esercita la professione forense in Cassazione, è fuori dall’attività pubblica, ma le indiscrezioni su un possibile rientro per guidare la parte delle Entrate, si rincorrono. Non solo. Vista la sua esperienza amministrativa potrebbe arrivare anche a Palazzo Chigi in uno dei posti chiave: quello di sottosegretario della presidenza del consiglio o di segretario generale.
Come lui tanti ex civil servant che hanno abbracciato l’attività privata non disdegnerebbero un ritorno nella sala dei bottoni. Anche questo avrebbe motivato la «scivolata» del governo Draghi sull’abolizione del tetto dei 240mila euro. Nato in origine solo per i vertici delle forza armate sarebbe diventato il grimaldello per aumentare l’appeal delle poltrone ministeriali a chi le ha lasciate per andare nel privato. Tentativo fallito visti i tempi. Ma che, sempre secondo i ben informati, aveva anche un altro obiettivo. Quello di spezzare il filo rosso che lega gli alti gradi della giustizia amministrativa agli uffici di diretta collaborazione dei ministri. Un modo insomma per consentire la ricerca di giuristi ed esperti anche sul mercato, dove i guadagni sono più elevati, e dunque demotivano il rientro nell’amministrazione.
Gran fermento si segnala anche in chi nei ministeri cerca conferme non potendo ambire a posti più sicuri. Così in attesa della grande infornata delle nomine, circa 300, che arriveranno in primavera (non solo Eni ed Enel ma anche società pubbliche di minor dimensione) in tanti finora sponsorizzati dai cinque stelle tentano l’avvicinamento ai partiti del centrodestra, Fratelli d’Italia in testa. Se ne incrociano molti a via della Scrofa ultimamente. E l’indirizzo potrebbe essere quello giusto considerato che chiunque arrivi a Palazzo Chigi, probabilmente Meloni, per avviare i programmi deve necessariamente riorganizzare le prime linee dei dicasteri più importanti. Non solo i capi dipartimento dunque, che entrano nel congelatore dello spoil system, ma anche i direttori generali ai quali è affidata la responsabilità dei dossier. Senza questo l’azione amministrativa resta, infatti, spuntata.
Per chi non è inviso a Meloni, Salvini e Silvio si apre subito un’opportunità. La carica di ad del comitato organizzatore dei giochi invernali Milano-Cortina del 2026. Con la nuova governance, approvata a luglio, la posizione di Vincenzo Novari traballa e il sostituto, sempre con lo stesso profilo di manager commerciale e delle infrastrutture con alta caratura, potrebbe essere il primo incarico assegnato dal centrodestra. Posto che sia confermato vincitore.
Fin qui la burocrazia. Ma anche la politica si interroga sul proprio destino da lunedì prossimo. Così a prendere le redini del ministero dell’Economia rassicurando mercati e Bruxelles potrebbe arrivare, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, l’attuale governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Un movimento che potrebbe avere il semaforo verde del Colle che ha sempre sostenuto la sua presenza a Palazzo Koch. Solo rumors ovviamente. Anche perché tra quelli che girano si segnala anche un cavallo di razza di ritorno per il Mef: Domenico Siniscalco, già ministro con lo stesso ruolo sotto due governi Berlusconi che sarà comunque azionista del nuovo possibile governo. Resta da definire anche il destino dell’ex premier Mario Draghi. Che ha condotto la sua campagna relazionale e mediatica con un passaggio all’Onu (con sala non brulicante di presenze) per tentare la scalata a un organismo internazionale. Qualunque esso sia, anche se da mesi si parla di lui come nuovo timoniere della Nato, o anche di presidente della Commissione Europea, la candidatura deve essere presentata ufficialmente dal governo in carica. Obtorto collo dunque anche l’ex banchiere centrale dovrà a bussare a Palazzo Chigi col cappello in mano.