mancato pluralismo
Caso Damilano, putiferio in Rai e insurrezione dell’Usigrai. Sbotta pure Meloni
Si scatena il caos sul filosofo Bernard-Henri Lévy per l’ospitata nella puntata de «Il cavallo e la torre», programma condotto da Marco Damilano e andato in onda il 19 settembre su Rai 3. A prendersela con l’ospite francese è Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ci va giù dura su Facebook: “Il servizio pubblico italiano ospita (o paga? La domanda è ufficiale) uno scrittore francese, noto per aver difeso il pluriomicida terrorista comunista Cesare Battisti dall’ipotesi di estradizione, per spiegarci in due minuti l’idea di democrazia della sinistra e per paragonare un’Italia a guida centrodestra ai peggiori regimi. Consiglio di ascoltarlo, è illuminante. Se invece non vi va, sintetizzo in poche parole, se gli italiani, votando, scelgono Fratelli d’Italia o la Lega non vanno rispettati. Sipario”.
Pure il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida, è sconcertato da quanto andato in onda: “Quanto accaduto ieri sera su Rai3 durante la trasmissione condotta da Marco Damilano è un grave sfregio nei confronti del pluralismo e della democrazia e per questo non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo soprassedere. Non solo è stata palesemente violata la par condicio attraverso continui e reiterati attacchi, senza contraddittorio, verso il centrodestra, attacchi per altro perpetrati a cinque giorni dal voto da parte di un intellettuale francese già noto per le sue inaccettabili posizioni in favore del criminale terrorista rosso Cesare Battisti”.
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Ad infiammare la polemica c’è una nota dell’Esecutivo Usigrai, organizzazione sindacale dei giornalisti della tv di Stato, che si schiera contro Levy e, in particolare, Damilano: “Una puntata a senso unico, con un contraddittorio debolissimo, il tutto a una settimana dalle elezioni. L’Usigrai ritiene che il pluralismo nel Servizio Pubblico debba applicarsi anche alle trasmissioni di rete come Il Cavallo e la Torre. E pensare che il conduttore, scelto all’esterno dell’azienda nonostante si potesse contare fra quasi 2000 profili interni, era stato presentato dall’Ad Carlo Fuortes come ‘il giornalista più adeguato’ per ‘informare, intrattenere, fornire strumenti conoscitivi, restando fedeli al sistema di valori aperto e pluralista che il nostro Paese e l’Europa hanno saputo sviluppare in questi decenni’. Ci chiediamo - dicono i giornalista - dove fosse il valore del pluralismo nella puntata di ieri”.