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Ci lasciano solo macerie. L'eredità dei Migliori è un Paese in recessione

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Dario Martini
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«Non vedo una recessione quest’anno. Mi pare molto difficile. Il motivo è che abbiamo chiuso l’anno scorso molto bene e quindi ci portiamo dietro una crescita acquisita». Questa previsione di Mario Draghi risale all’11 maggio scorso. Il presidente del Consiglio si trovava a Washington in visita da Joe Biden. I prezzi dell’energia erano già schizzati in alto e l’inflazione aveva iniziato a erodere i portafogli degli italiani. Nonostante ciò, il premier restava fiducioso. Sono passati quattro mesi e lo scenario che l’Italia ha di fronte non appare affatto roseo: l’inflazione è al picco massimo, il debito pubblico ha raggiunto il record storico, un cittadino su quattro è a rischio povertà e la recessione si sta trasformando in realtà. Uno tsunami economico da brividi che dovrà affrontare il prossimo governo.

RECESSIONE
L’agenzia internazionale di rating Fitch delinea uno scenario nero. «Con la crisi crisi energetica in atto in Europa - si legge nel nuovo Global economic outlook - ci aspettiamo che l’economia dell’Eurozona entri in recessione nel trimestre in corso». Germania e Italia sono le più colpite. Le loro previsioni per il 2023 sono ritoccate al ribasso, rispettivamente di 2,8 punti e 2,6 punti. Quella tedesca si attesta a -0,5%, mentre quella italiana sprofonda a -0,7%. L’agenzia prevede una contrazione del Pil dell’Eurozona dello 0,1% nel 2023, rispetto alla precedente previsione di crescita del 2,1%. Questo, spiega Fitch, «nonostante i recenti risultati migliori del previsto per la crescita della zona euro nel secondo trimestre del 2022, grazie alla riapertura delle economie e al ritorno del turismo internazionale. Questa sorpresa positiva ha portato a una previsione di crescita annuale leggermente più alta per il 2022, pari al 2,9% rispetto al 2,6% di giugno, ma questo è solo un riflesso dell’aritmetica delle medie annuali». Quali saranno le conseguenze? «Un colpo diretto alla produzione e al potere d’acquisto dei consumatori», scrive Fitch.

FALLIMENTO GAS
Nonostante il grande impegno del governo nel ridurre la dipendenza dal metano russo, scesa dal 40 al 20%, l’Italia è ancora uno degli Stati Ue più dipendenti dal gas, che alimenta il 50% della produzione di elettricità rispetto al 20% dell’Unione. La Russia ha fornito il 40% delle importazioni di gas nel 2021. Anche se l’80% delle importazioni di gas russo fosse ripristinato, «la fornitura totale di gas diminuirebbe del 5-10%, con un effetto diretto sul settore produttivo». L’agenzia di rating spiega che nel 2023, ipotizzando un prezzo medio annuo del gas di 55 dollari, la spesa per questa fonte energetica «potrebbe andare oltre il 5% del Pil, fino a 2 punti percentuali in più rispetto alla Germania. Questo lascerà meno risorse a disposizione per i consumi e potrebbe rendere antieconomiche certe produzioni, costringendo le imprese a chiudere».

PREZZI ALLE STELLE
Come se non bastasse, c’è l’inflazione. A trainarla è il settore energetico. A settembre l’indice dei prezzi al consumo potrebbe passare dall’8,4% di agosto al 9,2%», prevede l’Ufficio studi di Confcommercio. «Dovrebbe essere il picco massimo», spiega il direttore Mariano Bella. Pure l’associazione d’imprese utilizza la parola «recessione», ma l’accompagna con l’aggettivo «mite». Il Pil nel terzo trimestre potrebbe segnare -0,8% rispetto ai tre mesi precedenti e +1,1% rispetto al terzo trimestre 2021. Per Confcommercio il problema sarà il 2023, «con un ritorno ad un’assenza di crescita».

DEBITO PUBBLICO
Bankitalia rileva che a luglio il debito pubblico è aumentato di 2,6 miliardi rispetto alla fine del mese precedente, attestandosi a 2.770,5 miliardi. Si tratta del livello più alto mai raggiunto nelle serie storiche, dopo i 2.767,885 miliardi di giugno. Il presidente dell’Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona, fa notare che «se fosse un debito a famiglia, si tratterebbe di un indebitamento da infarto, pari a 105 mila e 773 euro. Ad italiano sarebbe pari a 46 mila e 970 euro».

PÌÙ POVERI
Brutte notizie anche dall’Eurostat. I dati si riferiscono al 2021, quando non era ancora scoppiata la guerra in Ucraina. L’ufficio di statistica della Ue stima che «la percentuale di popolazione europea a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentata rispetto al 2020, passando da 94,8 milioni a 95,4 milioni di persone (dal 21,6% al 21,7%, uno su cinque). In Italia, invece, la percentuale provvisoria è del 26%, dunque di una persona su quattro.

CHIUSURE
Le ripercussioni sul tessuto produttivo sono enormi. Per Federmeccanica quest’anno «le imprese dell’industria metalmeccanica che rischiano lo stop, sono il 7%», e «7 aziende su 10 faticano a trovare i profili richiesti». Confcommercio, invece, prevede che «entro la prima metà del 2023 le imprese che potrebbero chiudere sono 120mila».

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