decreto aiuti bis
Salta il tetto degli stipendi ai manager pubblici e Mario Draghi s'infuria
Salta, in alcuni casi espressamente previsti, il tetto finora fissato a 240mila agli stipendi dei manager pubblici. La deroga è prevista da un emendamento, a prima firma Forza Italia, poi riformulato dal governo e approvato durante l’esame al Senato del decreto Aiuti bis. Ora il decreto attende solo l’ok definitivo della Camera, in calendario giovedì. Ma scoppia la polemica sulla norma.
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Il provvedimento avrebbe mandato su tutte le furie Mario Draghi. In ambienti di Governo non nascondono l’irritazione sulla deroga introdotta per gli stipendi dei vertici apicali delle forze dell’ordine e della Pa. L’emendamento approvato prevede che al Capo della polizia, al Direttore generale della pubblica sicurezza, al Comandante generale dell’Arma, al Comandante generale della Gdf, al Capo del Dap, così come agli altri capi di stato maggiore, nonché ai Capi dipartimento della presidenza del Consiglio e al Segretario generale della Presidenza del Consiglio, e ai Capi Dipartimento e ai Segretari generali dei ministeri, è consentito - in deroga al tetto di 240mlia euro previsto per i manager pubblici (pari alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione) - un «trattamento economico accessorio per ciascuno di importo determinato nel limite massimo delle disponibilità del fondo» determinato con decreto del presidente del Consiglio su proposta del ministro dell’Economia.
«È un tetto che avevo messo io - ricorda Matteo Renzi - oggi il governo ha fatto una riformulazione di un emendamento e non avevamo alternative» per impedirlo «per evitare che saltasse tutto», ovvero l’approvazione da parte del Senato del decreto Aiuti bis. «Spero si torni al tetto di 240mila euro: non mi sembra un’idea geniale aumentare adesso gli stipendi ai massimi dirigenti, ma non potevamo che votare il decreto altrimenti saltavano 17 miliardi di aiuti, ma il tetto a 240mila euro mi sembrava molto più serio di quanto è stato deciso oggi», attacca Renzi.
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La modifica non è gradita nemmeno al Pd. Le presidenti dei gruppi dem di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, intervengono all’unisono per precisare che nonostante la «soddisfazione» per il primo ok al decreto Aiuti bis «purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione».
Le due esponenti del Pd annunciano quindi che nel passaggio finale alla Camera «presenteremo un ordine del giorno che impegna il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl Aiuti ter». Secondo alcune fonti parlamentari a palazzo Madama, la modifica - che era già stata approvata durante l’esame in commissione - aveva ricevuto il via libera «proprio da chi oggi grida allo scandalo», oltre che dai firmatari della norma, mentre le altre forze politiche si sarebbero astenute.