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Lega contro le cartelle esattoriali. Così Matteo Salvini disinnesca la “bomba” fisco

Filippo Caleri
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Sono circa 4 milioni le cartelle esattoriali che stanno per arrivare nelle cassette delle lettere dei morosi con il fisco. E su queste ieri, il leader della Lega Matteo Salvini, è tornato a chiedere il blocco dell'invio. Il calcolo è fatto a spanne ma stimato sui dati della convenzione stipulata tra il ministero dell'economia e la Riscossione a settembre dello scorso anno che prevedeva che, entro la fine del 2022, fossero notificati il 70% dei 20 milioni di atti congelati durante il Covid. Un magazzino di 14 milioni di richieste che l'agenzia preposta ha inviato da allora al ritmo di circa un milione al mese. Dunque con grande approssimazione le cartelle ancora da consegnare entro dicembre sono comprese tra tre e quattro milioni. Una mazzata su famiglie e imprese che si aggiunge a quella già prevista con i conti di luce e gas dei mesi invernali. Un carico troppo oneroso da sopportare. Così i tecnici del Carroccio sono al lavoro per supportare con atti legislativi quello che potrebbe apparire solo uno slogan elettorale. Per lo stop a raccomandate e Pec basterebbe un atto del governo motivato dall'emergenza economica legata alla crisi del gas. Ma i tecnici della Lega sono già al lavoro per predisporre un piano completo di intervento per una pace fiscale in grado di svuotare definitivamente il magazzino delle morosità ormai arrivate, secondo l'ultimo rapporto delle Entrate, alla somma monstre di 1100 miliardi. E che come il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha spiegato in una audizione alla Commissione parlamentare sul federalismo fiscale il 7 aprile scorso, è praticamente quasi impossibile da aggredire perché le risorse a disposizione, e cioè gli 8mila dipendenti che ci lavorano, sono sufficienti a gestire un magazzino con giacenza massimo di tre anni a fronte di una situazione che vede carichi e ruoli non riscossi da oltre 21 anni. Una situazione dalla quale non si esce.

 

 

Per questo il piano della Lega prevede un intervento complessivo che non ha bisogno di particolare innovazione perché gli strumenti legislativi sono già stati testati mentre in altri casi vanno solo aggiornati. La richiesta di Salvini poggia sul lavoro del team di Armando Siri, membro della Commissione finanze del Senato. Oltre alla riedizione della rottamazione, che sarebbe a questo punto la quater, e che prevede il pagamento del solo capitale legato alla cartella, dunque senza sanzioni e interessi, il piano punta soprattutto sull'istituto del saldo e stralcio. Una possibilità già offerta nel 2019 e che prevedeva, per le persone fisiche con un indice reddituale Isee fino a 20mila euro, la chiusura della pendenza con il fisco col pagamento di una percentuale del capitale e degli interessi di mora accumulati. Lo stesso impianto verrebbe ripresentato con una prima novità e cioè l'innalzamento del tetto Isee per approfittare della possibilità fino a 40 mila euro. Un cifra importante perché vi rientrerebbero famiglie con redditi più alti della media spesso considerate ricche, ma che tali non sono. Altra novità sarebbe, poi, l'estensione del saldo e stralcio anche alle imprese, alle quali finora è stato precluso. La proposta leghista legherebbe il suo utilizzo all'indice di liquidità. Un rapporto che si ottiene tra i mezzi liquidi in cassa e la cosiddetta liquidità differita ovvero i crediti non ancora riscossi e dunque non ancora moneta sonante. Un numero che, l'Agenzia delle Entrate, già usa per concedere ai suoi debitori la rateizzazione delle cartelle. Nell'idea del partito di Salvini lo stesso valore potrebbe essere usato per ammettere al saldo e stralcio anche le cartelle che l'imprenditore non riesce a saldare.

 

 

Anche in questo caso la normativa esiste già, o meglio è stata già scritta in un disegno di legge, il 1577 del 2019 (primo firmatario Siri) che prevede esattamente questa opzione, oggi più importante che mai per venire incontro alle istanze di molte aziende alle prese coni costi stellari dell'energia. Non manca ovviamente l'esigenza di liberare dal giogo della riscossione le famiglie più deboli. Per questo il centrodestra prevede una soluzione radicale e cioè la cancellazione di quelle sotto un certo importo alle fasce di reddito minime. Un'ipotesi simile a quella presentata di Fratelli d'Italia che fissa l'importo per lo stralcio a quelle sotto i mille euro. Resta il problema degli effetti di una tale operazione sul bilancio pubblico perché l'annullamento delle cartelle si traduce in una perdita di gettito. In realtà trattandosi di vecchi crediti gli importi sono già svalutati, cioè lo Stato mette già in conto di non incassare l'importo pieno, vista la difficoltà di riscuotere. Il ministero dell'Economia e la Ragioneria dello Stato sono tradizionalmente contrarie a manovre del genere. Già nel saldo e stralcio del 2019 i calcoli del Tesoro stimavano un costo di tre miliardi di euro. Alla fine il costo effettivo fu di 325 milioni. Corrispondenti a quelli con Isee talmente basso per i quali pagare anche con lo sconto era oggettivamente impossibile. Far tornare il Paese sano dal punto di vista dei rapporti tra erario e cittadino passa anche da questo azzardo.

 

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