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Forum Ambrosetti, Meloni e Salvini promossi a Cernobbio. Pnrr, gas e politica estera: la ricetta dei leader

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Mantenere o no le sanzioni alla Russia, aiutare famiglie e imprese a pagare le bollette dell’energia, accelerare o rivedere il Pnrr. Al Forum Ambrosetti di Cernobbio i leader di partiti e coalizioni si sfidano in un confronto sui temi più caldi della campagna elettorale. La platea è esigente, imprenditori e professionisti si aspettano rassicurazioni e ricette dai chi si candida a governare il Paese. E allora Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani ci provano, intervenendo rigorosamente in ordine alfabetico e illustrando le loro proposte per il futuro, senza disdegnare qualche accenno polemico. Capitolo primo: le sanzioni alla Russia.

 

In mattinata, prima del confronto, Letta era andato giù duro: «Le parole di Salvini di ieri sono state chiarissime: se vincesse la destra la strada dell’Italia sarebbe al fianco di Putin» e «brinderebbero in primo luogo Putin, poi Orban e infine Trump». Per l’Italia «significa retrocedere dall’Europa di serie A all’Europa di serie B», secondo il segretario del Pd. Al Forum arriva la risposta del segretario della Lega: «Andiamo pure avanti con le sanzioni» ma «mi aspetto nelle prossime settimane che a Bruxelles si vari uno scudo europeo». Per Meloni «se domani l’Italia si sfila dai suoi alleati e si gira dall’altra parte, per l’Ucraina non cambia niente ma per noi cambia tantissimo, perché l’Italia perde una postura seria e credibile», avverte. I due alleati di centrodestra sono dunque in disaccordo sulle sanzioni? Niente affatto. Per la leader di Fdi nel centrodestra «ci sono sicuramente differenze e sfumature ma sulla visione siamo fondamentalmente d’accordo». «Io, Giorgia Meloni e Antonio Tajani abbiamo detto la stessa. Chiediamo quel che ha chiesto Mattarella: un intervento europeo, uno scudo, un ombrello», afferma invece in tv il Capitano, ribadendo però che «le sanzioni non stanno funzionando». E chiudendo così la polemica: con un governo di centrodestra «non cambierà la collocazione internazionale dell’Italia. Staremo coi paesi liberi, occidentali. I miei modelli non sono la Russia e la Cina, io voglio la democrazia». La chiosa arriva da Tajani: «Il centrodestra non è una caserma, si discute».

 

Sullo sfondo la questione vera è quella del caro-energia e delle bollette. Secondo Conte «l’extra-deficit come obiettivo in sé non va perseguito, ma può essere uno strumento per proteggere tessuto imprenditoriale e sociale». Tajani chiede «un’azione dell’Europa cui da mesi abbiamo chiesto un secondo Recovery plan per affrontare tutto ciò che ha provocato la guerra». Meloni dice ’no' a «un nuovo scostamento di bilancio» ma «penso si possa provare a parlare con l’Ue per utilizzare le risorse della programmazione europea». Salvini invece scalpita per un intervento subito: «Mettiamo un tetto al costo del gas e la differenza la mette lo Stato».

 

Altro tema è il Pnrr. Per Meloni «non può essere un’eresia dire che il Pnrr possa essere perfezionato» e comunque «il problema più grande non sarò rivederlo o sistemarlo ma i ritardi che ci ha lasciato il vecchio governo». «C’è poco da promettere, come la flat tax e altro, qui c’è da implementare il Pnrr», replica Calenda, seguito da Letta che dice «no alle rinegoziazioni, si può ridiscutere certo ma se ci mettessimo in un confronto con Bruxelles perderemmo quei soldi e perderemmo un’occasione». Per il resto, i leader lanciano richiami al ’fare', al creare le condizioni per superare la crisi e rilanciare l’economia, a cui la platea di Cernobbio è particolarmente sensibile. «C’è il rischio che la politica ambientale ideologica porti alla desertificazione manifatturiera, non si può dire no a nucleare, no a tutto», è l’esordio di Calenda. Per il leader di Azione e del ’terzo polo' «in Italia non credo si possa parlare di pericolo fascismo, ma di pericolo anarchia. Non si riesce a fare nulla».

 

In questo senso il ’convitato di pietra' è il premier uscente Mario Draghi, con la sua agenda e il suo metodo. Rispetto al quale Letta rivendica che «il nostro partito è stato il più lineare. La scelta di far terminare prima l’esperienza è una scelta grave», continua, ma «noi siamo lineari e affidabili sempre per il Paese». Sul lato opposto Giuseppe Conte, che ribadisce: «Sul ’metodo Draghi' ho detto che trovo pericoloso che le forze politiche si rifugino in un cosiddetto metodo che è emergenziale: non si può governare un Paese senza confronto e dialettica politica».

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