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Elezioni politiche 2022, Andrea Crisanti e Enrico Letta si attaccano al Covid

Christian Campigli
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La paura fa solitamente novanta. Oggi, complice il caldo e il terrore di perdere le elezioni, tocca quota trecentomila. Il Partito democratico, che ogni giorno vede assottigliare il già esiguo numero di consensi, oggi invoca persino i morti per attaccare i conservatori. «Salvini critica la mia candidatura con il Pd? Forse dovrebbe pensare a tutti gli errori di valutazione che ha commesso, sia in politica estera che sulla sanità pubblica». Parole al veleno, quelle pronunciare dal microbiologo Andrea Crisanti, candidato nelle liste dei progressisti, ospite questa mattina alla trasmissione "The Breakfast Club", in onda su Radio Capital. “Se fossimo stati nelle sue mani ora ci sarebbero 300mila vittime di Covid al posto di 140mila – aggiunge Crisanti – E saremmo allineati con Putin. Salvini critica me, ha altre cose a cui pensare. Tutti i politici e i medici all’inizio facevano a gara per minimizzare, io sono stato l’unico a metter in evidenza il fatto che stava per scoppiare un disastro».

Ad una prima lettura, i più ingenui avrebbero il sacrosanto diritto di pensare che allo scienziato, poco abituato alle acri polemiche elettorali, si sia tappata la vena, come si dice in gergo. Dopo essersi innervosito, in un attimo di scarsa lucidità, abbia espresso cioè concetti che, in realtà, non pensa. Un legittimo dubbio, un nodo sciolto nel pomeriggio da Enrico Letta. «La gragnuola di reazioni alla candidatura Crisanti chiarisce che a destra prevale la cultura no vax. Ha ragione Crisanti, se avessero governato Salvini e Meloni nel 2020 quante migliaia di decessi in più avremmo avuto? Ce li ricordiamo gli aprire, aprire, aprire...».

La sinistra, in sostanza, ribadisce il suo totale disinteresse per l'economia italiana. Per chi produce, per chi paga le tasse e per chi offre posti di lavoro. «Gli attacchi di Crisanti a Salvini sono a dir poco vergognosi. Ci chiediamo solo con che coraggio riesca a speculare sui morti - dichiarano i parlamentari bergamaschi della Lega Daniele Belotti e Simona Pergreffi - Dove erano i Dem quando il governo giallorosso trattava i nostri territori come appestati e la nostra comunità veniva falcidiata? Sono stati a Bergamo e Codogno? I lombardi e gli italiani non hanno la memoria corta».

In realtà, le invettive di ieri sono solo la punta di un enorme iceberg. La lista di accuse al centrodestra è tanto lunga quanto costellata di autentiche boutade. Si va dalla flat tax, che porterà (secondo Letta e compagni) al dissesto finanziario, al taglio dei servizi essenziali, alla chiusura degli ospedali pubblici e farà schizzare lo spread vicino ai mille punti base, fino alla riforma presidenzialista, bollata come un ritorno mascherato del fascismo. Senza obliare i presunti rapporti con Putin e l'antiatlantismo di Meloni e Salvini. E come dimenticare poi lo scoop di Repubblica, secondo il quale la leader di Fratelli d’Italia sarebbe solita confrontarsi nientepopodimeno che con la sorella? Ma la più ridicola, patetica e surreale polemica riguarda la fiamma tricolore. Un simbolo assolutamente non nuovo, ma, anzi, presente sin dalla fondazione stessa di Fdi, nel lontano 2012. E che, magicamente, è diventato impresentabile a poche settimane dal voto. Perché si sa, il pericolo fascista va e viene, ad intermittenza. Come le luci di Natale. Una minaccia che, per la sinistra, va scongiurata con ogni mezzo. Anche a costo di usare in campagna elettorale gli italiani deceduti per colpa del Covid.
 

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