verso il voto
Elezioni 2022, contro il centrodestra Letta imbarca tutti: non è un patto per governare. Il rebus dei seggi
"Oggi si chiudono queste discussioni complicate, da domani si volta pagina". Al termine di una giornata di incontri al Nazareno, Enrico Letta pensa alla campagna elettorale che sarà contraddistinta adesso dal lavoro sul territorio "per convincere gli italiani" a votare la coalizione di centrosinistra. Coalizione diventata, non senza fatica confessa Letta, larga al punto giusto per provare a contendere finalmente al centrodestra di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, l'esito delle elezioni politiche del 25 settembre. "Adesso ci si rimbocca le maniche", annuncia il segretario dem dopo aver sottoscritto prima l'accordo elettorale ("non di governo" specifica) con Nicola Fratoianni (Si) e Angelo Bonelli (Verdi), e poi il patto con Luigi Di Maio e Bruno Tabacci (Impegno civico), su cui invece resta in piedi "un ragionamento sul futuro". Un doppio via libera che si aggiunge a quello già confezionato con Più Europa e Azione, che archivia il quadro delle alleanze nel campo progressista. Certo, da Carlo Calenda non è arrivato nessun tweet pro (o contro) le intese siglate, ma Letta resta convinto serva adesso più che mai che ciascuno faccia un passo indietro nell'interesse di tutti.
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E' in quest'ottica che il leader dem stringe accordi su più fronti. Con Si e Verdi chiude "un patto per la Costituzione necessario perché la legge elettorale può portare la destra unita, in caso di divisione di tutti noi, ad avere la maggiorana dei 2/3 del Parlamento". Insomma, Letta agita "l'allarme": "la Carta non deve essere riformata da Salvini e Meloni". Per questo, si legge nell'accordo sottoscritto con Si e Verdi, l'obiettivo è "eleggere il maggior numero possibile di parlamentari di orientamento progressista, democratico ed ecologista e ad evitare l'affermazione del blocco delle destre". Linea che scatena la dura replica di Matteo Salvini (Lega) e Antonio Tajani (FI), ma anche di Giuseppe Conte (M5s): tutti e tre in sostanza accusano il Pd di fare un "fritto misto", "ammucchiate", solo per "spartirsi collegi elettorali" e "per salvare le poltrone".
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Non è tenero nemmeno il leader di Iv, Matteo Renzi secondo cui l'accordo di Letta con "la sinistra radicale svela la verità: anche i dem si alleano con chi ha fatto cadere Draghi". Non solo, l'ex segretario afferma che "con la sua strategia Letta regala Palazzo Chigi alla Meloni". Dal Nazareno, tuttavia, alle continue stoccate dell'ex segretario stavolta si replica in maniera tranchant: "Non stupisce che praticamente la totalità degli elettori e dei militanti del Pd abbia maturato un giudizio durissimo, senz'appello, su di lui e sulla sua parabola politica".
Alla fine del lavoro di tessitura comunque Lette riesce a delineare perimetro politico e pesi delle varie forze riguardo alla suddivisione dei collegi uninominali. Con Calenda e Della Vedova c'è "un patto elettorale" (70% dei collegi al Pd e 30% ad Azione/Più Europa), con Fratoianni e Bonelli "un patto orientato alla difesa della Costituzione e della democrazia" (80% ai dem e 20% all'alleanza rossoverde), con Di Maio e Tabacci "un accordo di collegamento" (92% al Pd e 8% a Impegno Civico). Un quadro che, secondo i calcoli ancora approssimativi delle segreterie, dovrebbe portare a una ripartizione così definita: 59% Pd, 24% Azione, 14% Si-Verdi e 3% Impegno civico.