caccia alle poltrone
Elezioni, nel Pd scatta la rissa per le liste. Il caso di Dario Franceschini e signora
Sembra somigliare sempre di più a una vera e propria rissa la discussione all'interno del Partito democratico sulle liste da presentare in vista delle elezioni Politiche del prossimo 25 settembre. La scadenza per la consegna delle candidature è il 21 agosto, ma si può già parlare di una battaglia, quella in corso tra i dem, provocata dall'intenzione del segretario Enrico Letta di dare vita a una coalizione larga, plurale, come la ama chiamare lo stesso ex presidente del Consiglio, con l'obiettivo di contrastare il centrodestra. Il guaio è che le intese con il leader di Azione, Carlo Calenda, e con il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova, con Impegno civico di Luigi Di Maio e Bruno Tabacci, con i Verdi di Angelo Bonelli, insieme al probabile accordo con Sinistra italiana di Nicola Fratoianni, potrebbero togliere seggi a una pattuglia piuttosto nutrita di aspiranti candidati. Il risultato di tutto ciò è una lotta fratricida per accaparrarsi i posti rimasti disponibili, tenuto conto anche della consistente riduzione del numero dei parlamentari che scatterà, guarda caso, dalla prossima legislatura. E così, pare che l'attuale ministro della Cultura, ed esponente di rilievo del Pd, Dario Franceschini, abbia siglato un patto di ferro con il primo cittadino di Napoli, Gaetano Manfredi, per una sua candidatura al Senato, come capolista nel collegio plurinominale appunto nel capoluogo campano. Ma non finisce qui.
Sia pure tra le smentite di rito, gira ancora la voce che la moglie sempre di Franceschini, Michela Di Biase, consigliera regionale del Partito democratico nel Lazio, possa candidarsi il 25 settembre nel collegio di Roma centro, quello di Calenda tanto per intenderci. Un effetto collaterale, questo, dell'alleanza firmata non più tardi di qualche giorno fa da Letta con l'ex titolare del dicastero dello Sviluppo economico e con Della Vedova, in base al quale i big non si candideranno nei collegi uninominali. «Le parti si impegnano a non candidare personalità che possano risultare divisive per i rispettivi elettorati nei collegi uninominali, per aumentare le possibilità di vittoria dell'alleanza», si legge infatti nel patto elettorale sottoscritto. «Non voglio candidati che pensino al seggio sicuro. Voglio solo candidati con gli occhi di tigre», le parole pronunciate dal canto suo in diverse occasioni dal segretario del Partito democratico.
Ebbene, quegli occhi di tigre li hanno i possibili candidati dem, pronti ad accapigliarsi per ottenere un posto sufficientemente sicuro, al riparo dagli appetiti dei "curiosi alleati" di Letta, come li ha definiti il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. Un mosaico difficile da comporre e da tenere insieme, almeno per il momento, mentre crescono - e non potrebbe essere altrimenti - le inquietudini e le tensioni a livello locale, in attesa della Direzione nazionale del Pd di mercoledì prossimo, 10 agosto, dalla quale ci si aspettano parole chiare, ed una posizione netta, non ambigua, sulla composizione delle liste.