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Giorgia, Elodie e Rula Jebreal: radical chic in rosa contro Giorgia Meloni

Pietro De Leo
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C’è un esatto momento in cui si mette il tasto off al dogma secondo cui, se si prova a contestare quel che dicono o fanno le donne nell’agone pubblico scatta subito il timbro di “sessismo”. Quell’esatto momento è quando, sulla scena politica, c’è una leader che appartiene alla sfera antitetica al politicamente corretto. E’ il caso di Giorgia Meloni. Non c’è solo il silenzio dell’universo femminista sulla prima pagina allusiva di Repubblica. Ma c’è anche un martellante attacco da parte di vip e intellettuali appartenenti ai vari campi. Molte delle quali donne, peraltro. A smontaggio di un’altra legge culturale non scritta tale per cui la solidarietà femminile andrebbe applicata oltre gli steccati e le divisioni. Gli steccati ci sono, eccome.

 

 

 

 

Per dire, Giorgia, stavolta la cantante italiana che ha spesso fatto balzare i cuori con brani meravigliosi, se n’è uscita così sui social: “Anche io sono Giorgia, ma non rompo i coglioni a nessuno”. Il riferimento è un po’ alla biografia della leader di Fratelli d’Italia e all’incipit di un discorso pronunciato a Piazza San Giovanni nel 2019, poi diventato “meme” su internet. Insomma, un po’ miserella come notazione “impegnata”, se si derubrica l’attività politica altrui come uno scassamento di cosiddetti. Qualche giorno fa, un’altra star, Elodie, non nuova a prese di posizioni non proprio amichevoli del centrodfestra, aveva postato il programma di Fratelli d’Italia del 2018 con il commento, “a me sinceramente fa paura”. Nella carrellata non poteva mancare la giornalista Rula Jebreal: “i negazionisti che difendono la Meloni sostenendo che "non è fascista" ignorano il suo programma politico persecutorio e oscurantista, che fomenta odio e violenza”.

La solita contraddizione: a forza di gridare al pericolo pubblico, all’emergenza per la democrazia contro un leader, si corre il pericolo che poi qualcuno, magari non presente a se stesso intenda calzare la veste di supereroe e passare alle vie di fatto per liberarci dalla “grande minaccia”. Al capitolo scrittori, poi, c’è Michela Marzano su La Stampa, che si esibisce in un lungo pezzo in cui definisce Giorgia Meloni più estremista di Marine Le Pen. Insomma, tra scivolate nell’invettiva pura e pieno travisamento della realtà, si è rimesso in moto quell’esercito patinato pronto ad abbracciare alla bell’e meglio (perché gli intellettuali engagé di una volta non esistono più) la sua buona causa. Che va sempre contro una parte. 

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