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Cercasi mappa per il Pd che s'è perso nei campi: collezione di batoste per Enrico Letta

Santi Bailor
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Il campo largo no, ora non più, perché i grillini sono stati cattivi con Mario Draghi. Quei birbantelli. Il campo Matteo (Renzi) neppure perché quell'Enrico stai sereno a Letta ancora gli rode. Il campino centrino - anzi centrini, perché nel mezzo ci son finiti a fiotti, da Luigi Di Maio a quelli che già ci stavano prima chissà ma anche se nascesse rischierebbe di non farcela a vincere per i numeri (anzi, i numerini) al momento del voto. Unica certezza dunque che resta al Pd, partito più di governo che di opposizione, è l'agenda Draghi con un piccolo neo: senza Draghi, l'originale, il che è come avere un'agenda di Paperone senza Paperone.

 

 

In questa ricerca del campo largo perduto e di un campino centrino con cui sostituirlo consigliamo perciò a Enrico Letta di rileggersi un passaggio da «Un paese senza», saporito libro di Alberto Arbasino: «Sempre tirati su con la retorica delle grandi sconfitte (da cui grandi rinascite e grandi riscosse): anche perché una retorica di grandi vittorie, in Italia, parrebbe abbastanza improbabile». Sembra la didascalia del campo largo. Talmente largo che quelli che dovevano scenderci su, si son persi e adesso più che un'agenda gli serve una mappa. Se Mario Draghi ne ha una, gliela regali.

 

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