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Crisi di governo, è guerra tra Pd e M5S. Guerini contro Conte: "No alleanze con chi ha fatto cadere Draghi"

Archiviato il campo largo con i 5 Stelle, per il Pd di Enrico Letta si apre il rebus delle alleanze in vista delle voto anticipato del 25 settembre. I tempi per prepararsi alle urne sono strettissimi: entro il 20 agosto andranno consegnate le liste e cruciale, per battere del centrodestra, sarà la scelta dei candidati ai collegi uninominali disegnati dal Rosatellum. Gli organi dei dem si riuniranno da martedì per decidere la linea da contrapporre a chi ha "tradito" gli italiani, ma intanto c'è già chi ipotizza di comporre intorno al un'alleanza larga intorno al partito con le forze che fino all'ultimo hanno sostenuto il governo Draghi. Da Lodi il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è tornato oggi a chiudere ai 5 Stelle, perché "chi ha fatto cadere Draghi non può essere alleato del Pd".

Il perimetro di questa nuova "alleanza larga nel nome di Draghi", per dirla con le parole del ministro della Cultura Dario Franceschini, resta però tutto da definire. Un possibile interlocutore è senz'altro il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in febbrile lavoro in queste ore per la costruzione "di un'area di unità nazionale che si contrapponga a chi ha fatto cadere questo Governo", ossia Conte e Salvini. Il progetto di Di Maio punta a coinvolgere sindaci amministratori locali, come il primo cittadino di Milano Beppe Sala - più orientato verso una formazione progressista e ambientalista - che però a più volte ribadito di non voler lasciare Palazzo Marino per candidarsi in Parlamento.

  

Un progetto dal quale si è sfilato subito Carlo Calenda: "Io a fare l'ammucchiata contro i sovranisti non ci sto", ha detto il leader di Azione Carlo Calenda, che conferma la volontà di correre fuori dai due poli con la federazione liberale lanciata in tandem con +Europa. Calenda ha incassato l'ingresso nel partito del senatore ex Fi Cangini, fuoriuscito da Fi dopo aver votato la fiducia a Draghi. Vicina a Calenda è considerata anche Mariastella Gelmini, che con il collega di governo Renato Brunetta, dopo l'addio a Forza Italia, è oggi passata al gruppo Misto della Camera. In fase di riflessione, dopo l'addio al Cav, la titolare della delega al Sud Mara Carfagna, che come 'riserva della Repubblica' non sarà di certo 'sprecata'. Resta poi l'incognita del posizionamento del governatore ligure Giovanni Toti, che con i senatori del suo movimento Italia al Centro si è smarcato dal centrodestra esprimendosi a favore dell'esceutivo. Mentre Lorenza Cesa ribadisce la ferma collocazione dell'Udc nel centrodestra, confermando che il partito sarà presente con il suo simbolo in tutti i collegi.

Tornando al Pd, restano poi i dubbi sull'alleanza con Renzi. Oltre al rapporto personale tra i due ex premier, nel partito - pur non mancando i simpatizzanti - non manca chi pensa che l'accordo con Italia Viva possa far perdere più elettori di quanti ne farebbe guadagnare. "Letta dice di Maio sì e con Renzi no Auguri! Noi stiamo con l'Area Draghi" la reazione del coordinatore di Iv Ettore Rosato. "Bisogna mettersi insieme per battere la destra. Superare i veti incrociati è fondamentale. Il polo del buonsenso è quello che serve all'Italia", ha esortato in serata ai microfoni del Tg1 lo stesso Renzi.

La frattura tra Pd e 5 Stelle arriva intanto alla vigilia delle primarie in Sicilia per decidere il candidato alla presidenza della Regione, alle quali Conte - pur definendo il Pd "arrogante" - ha confermato la partecipazione del M5S con Barbara Floridia. Per il candidato dei Cento Passi Claudio Fava, il problema, tuttavia, "non sarà tanto l'esito delle primarie ma quello che avverrà da qui ai prossimi mesi e anni" perché "o una coalizione ha uno spirito saldo, che non è legato soltanto alla ricerca del voto ma a un orizzonte condiviso oppure è una somma di sigle, con ognuno che pensa per sè, con risultato a somma zero". La risposta sul futuro del campo largo? "Da apprendisti stregoni", ha commentato Fava, sentito da LaPresse.