fine dei giochi
Crisi M5s, Clemente Mastella smaschera Giuseppe Conte: "Neanche controlla i suoi". La farsa grillina
«In ogni separazione il dolore è sempre forte». Clemente Mastella, che di stagioni politiche ne ha viste tante, commenta con Il Tempo l'aspro duello intestino nel Movimento 5 Stelle, tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte.
Mastella, lei che proviene dall'esperienza democristiana dove vigeva l'arte della mediazione, come la risolverebbe?
«Guardi, se stai in un posto, e sai che non sei più salvaguardato e faresti persino fatica a tutelare politicamente chi ti è più vicino, perché un vero leader ha anche quell'onere... a quel punto mi pare difficile proseguire nella coabitazione (allusione a Di Maio n.d.r). Per quanto c'è un elemento singolare, anzi direi proprio un paradosso in tutto questo».
Spieghiamo.
«È semplice. Di Maio sembrava più ancorato all'idea originaria del Movimento 5 Stelle, ventilava l'impeachment per il Capo dello Stato, si affacciava al balcone... e oggi si ritrova a fare il moderato. Conte, di formazione cattolica, al contrario appariva come il professore pacato, tranquillo. Rassicurava gli italiani durante la pandemia. Oggi, invece, è diventato quello più rivoluzionario».
Che chiave di lettura dà?
«Evidentemente, visto che Di Maio suo avversario interno ha assunto una posizione moderata, lui si è messo sulle barricate».
Cosa otterrà?
«La sua è una pistola scarica, alle elezioni non può andare. Il Movimento passerà dal 34% a, se va bene, poco sotto il 10. Già sarebbe stata un'ecatombe con mille parlamentari, figuriamoci con seicento. Nessuno vuole andare a votare nel Movimento, neanche i parlamentari più vicini allo stesso Conte. Che sul piano di governo minaccia, minaccia. Ma minacce di che?».
Viene in mente un flash. Natale 2020, inizio 2021. Clemente Mastella indaffarata per costruire un'area di rinforzo al governo Conte 2 che scricchiolava da tutte le parti. Lei si aspettava una tale virata di toni e contenuti dell'ex Presidente del Consiglio?
«No. Non avrei mai pensato a questo cambiamento. Secondo me, Conte avrebbe fatto bene a fondare un suo partito che andasse a presidiare un'area di centro. E l'avevo anche suggerito a chi gli era vicino. È un'area che c'è, esiste. Ancor più oggi. Sa perché?».
Perché c'è Draghi al governo?
«Perché qui in Italia governano tutti, o quasi. In Francia l'ostilità la manifesti contro Macron, che ha governato cinque anni ed è stato rieletto. Dunque alle elezioni vanno bene Melenchon e la Le Pen. Qui, invece, tranne Fratelli d'Italia sono tutti in maggioranza. Quindi con chi te la pigli? L'area c'è. Il componimento è più complicato».
L'area Draghi, tanti leader...
«Tanti leader e nessun leader, vero».
Come se ne esce?
«Si può fare una sorta di leadership diffusa, o magari si può pensare a fare le primarie. Comunque questo non cambia le cose, ossia che l'esigenza di un centro c'è ed è forte. Noi abbiamo avuto picchi di consenso, negli ultimi anni, che hanno riguardato prima i 5 Stelle e poi la Lega, poi crollati. Ciò dipende dal fatto che l'elettorato ha affidato le sue speranze ad una prospettiva che poi non si è realizzata. In questo saliscendi, però, il Pd non recupera un voto. Resta sempre là e questo è il dato importante».
E nello scenario lei ha fondato il suo nuovo movimento, Noi di centro. A questo punto, Di Maio potrebbe entrare in quest' area centrista?
«Mah... sa, è uno scenario un po' complicato. Magari con una realtà sua, se si facesse una federazione si potrebbe trovare pure un qualche modo di stare assieme».
Eppure alle amministrative di Somma Vesuviana siete stati fianco a fianco, Noi di centro e il M5s hanno sostenuto lo stesso candidato sindaco. Sua moglie Sandra Lonardo e Di Maio sullo stesso palco.
«Sì, eravamo contro il Pd, e ha portato fortuna a entrambi sul piano dei risultati, oltre al fatto che il sindaco sostenuto da noi ha vinto. È la dimostrazione, per il M5s, che quando finisce l'idillio con il Paese in base ad un'idea forte, allora devi collegarti con la realtà».
Torniamo all'area di centro. Ha un suo perché, d'accordo. Però come la mettiamo con la legge elettorale che favorisce ancora il bipolarismo? «Questo è vero. Ma io le dico che se questo centro non si allea, allora al Senato con questa legge elettorale non vince nessuno, glielo metto per iscritto».
Dunque semmai sarà determinante dopo le elezioni.
«Esatto. Un po' la situazione che stava per crearsi nel 1994, e al Ppi che si presentò da solo andò male per un soffio. Berlusconi riuscì a recuperare due, tre senatori per avere la maggioranza».