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Giorgia Meloni, il linciaggio continua. Dopo il Pd ci pensano i media

Pietro De Leo
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E via con un altro round di linciaggio. Il pericolo è stato localizzato e i cantori degli sfaceli legati all’avanzata di Giorgia Meloni mettono mano al megafono in soccorso rosso al Pd.

L’altra sera, a Otto e Mezzo, la filosofa Rosi Braidotti commentava un recente intervento di Giorgia Meloni in Andalusia. Un comizio senza nulla di terrificante, ma semplicemente l’elenco di obiettivi di una politica conservatrice. In estrema sintesi: no all’Europa delle burocrazie, no alla lobby Lgbt (che non significa no agli omosessuali, ma è una concetto del tutto diverso), sì al lavoro e alla famiglia naturale. Ecco cosa dice Braidotti, sollecitata dalla conduttrice Gruber: «Ho paura cara Lilli... una furia scatenata contro i nemici dei sacri valori Dio-Patria-Famiglia. Linguaggio conflittuale, violento contro omosessuali, donne non madri, un tono di aggressività». Secondo la studiosa, la posizione di Giorgia Meloni «ricalca la rabbia micidiale di Putin, Kirill e Dugin». Concetti che si «ricongiungono in un tono violento, da conquistatori, una propaganda di stampo assassino. Se questo è il programma, io resto all’estero». Forse qualche capatina qui dovrà farla per sistemare qualche carta bollata, visto che Giorgia Meloni su twitter ha annunciato che Braidotti «Risponderà delle sue affermazioni nelle sedi opportune».

La mostrificazione dell’avversario, oltre al dramma ha il lato della messa in ridicolo. Così, a Di Martedì, la scrittrice Ginevra Bompiani sempre su Giorgia Meloni osserva: «Il problema è che all’Italia in certi momenti i buffoni piacciono, e se li tiene pure per 20 anni». Il giorno dopo, all’AdnKronos, correggerà un po’ il tiro: «Mi dispiace di aver usato una parola frettolosa e impropria», tuttavia «non chiedo scusa per aver detto quel che penso». Non sia mai.

Non poteva mancare, poi, l’inchiostro di Repubblica. Ecco allora un pezzo sul «mito di Giorgia leader della destra trash» (ovvio, l’offesa al popolo degli elettori altrui, per il generone intellettuale della sinistra è un altro punto fermo). Nel testo del pezzo, incentrato sul volume «Io sono Giorgia», si legge: «Nel suo libro l’io domina sul noi». E chissà cosa dovrebbe dominare in un libro scritto per raccontarsi? Ma non basta: «Giorgia Meloni è il perfetto prodotto della televisione berlusconiana, della cultura del narcisismo». Stavamo in pensiero che non ci fosse un rimando al paleonemico, il primo della serie, carezzato quando serve a creare governi trasversali ma ri-bastonato quando si avvicinano le elezioni.

Basta? No, a corredo del pezzo, c’è una vignetta di Ellekappa. La leader FdI rappresentata con un bastone in mano. Ricapitolando: pericolo di cataclismatiche derive, manganello, la porzione di popolo che la segue ridotto a trash, immondizia. E però viene il sospetto che nelle montagne di libri che lorsignori avranno letto ne manchi probabilmente uno risolutivo, «Morfologia della fiaba» di Vladimir Propp, che esprime un concetto molto semplice: nei racconti ci si identifica sempre con il personaggio sotto attacco. Ma si sa, a costoro dei sentimenti popolari non importa nulla.

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