Regione Lazio, il Pd prepara la trappola per il dopo-Zingaretti
Una legge elettorale a doppio turno per mettere i bastoni tra le ruote al centrodestra. Che, se le Regionali del Lazio fossero accorpate alle Politiche del 2023, partirebbe inevitabilmente avvantaggiato. È il senso della proposta di legge presentata lo scorso 23 maggio dal consigliere di Più Europa Alessandro Capriccioli e già assegnata alle Commissioni I, IV e IX della Pisana. La riforma, sostanzialmente, prevede che, qualora nessuno dei candidati presidente raggiungesse il 50% dei voti al primo turno, dopo due settimane si svolgerebbe il ballottaggio tra i due più votati. Il ché, di fatto, renderebbe inutile il successo del centrodestra al primo turno, assai probabile se Politiche e Regionali dovessero essere accorpate con le Politiche in un unico election day. L’effetto di trascinamento delle elezioni nazionali - con i sondaggi che danno la coalizione Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia ampiamente in vantaggio - metterebbe seriamente a rischio per il Pd la successione di Nicola Zingaretti. Il secondo turno, però, consentirebbe al centrosinistra di ribaltare il quadro. Perché sarebbe «sganciato» dal voto nazionale e perché tutti i cocci del «campo largo» - dai centristi a LeU, dal Pd ai 5 stelle - potrebbero riunirsi al grido di «fermiamo le destre».
È al momento solo uno scenario - al voto manca quasi un anno - ma descrive bene l’ansia che serpeggia a sinistra al cospetto di una sfida elettorale mai così complicata. Per comprenderne i motivi basti ricordare come neppure Nicola Zingaretti, col suo innegabile consenso personale, riuscì nel 2018 a conquistare la maggioranza in Consiglio. Che fu ottenuta dopo il voto soprattutto grazie all’accordo con il M5s. Intesa che, però, oggi è a rischio, specie dopo la decisione del sindaco di Roma Roberto Gualtieri di risolvere l’emergenza rifiuti attraverso la costruzione di un termovalorizzatore, assai inviso al pianeta grillino.
Così le basi dell’alleanza con i pentastellati vanno ricostruite da zero. E non solo: perché tenere sotto lo stesso tetto grillini, calendiani, verdi e renziani rischia di rivelarsi una «mission impossible» persino per gli «ecumenici» Zingaretti e Bettini. I tentativi, da questo punto di vista, sono già partiti. Ieri si è svolta la Direzione regionale del Pd e il segretario Bruno Astorre ha portato in assemblea il progetto di costituire una «task force» incaricata di incontrare i rappresentanti di tutti i partiti dell’ipotetico campo largo. Molto dipenderà dalla scelta del candidato presidente. Alessio D’Amato, attuale assessore alla Sanità, porterebbe in dote l’appoggio di Calenda, che per lui rinuncerebbe anche al veto sui 5 stelle. Daniele Leodori, vicepresidente regionale, ha invece da tempo avviato un dialogo con diversi esponenti del centrodestra che sarebbero pronti al salto della staccionata in un’ipotetica lista di «Moderati». I rumors additano il meloniano (ex?) Paolo Della Rocca, il «totiano» Adriano Palozzi, il forzista Claudio Fazzone, all’insegna di un’operazione che ricorda quelle di Vincenzo De Luca in Campania: se non posso battere il mio nemico, mi alleo con lui. Il punto è che non ci sono certezze che questo maxiagglomerato possa formarsi. E il doppio turno rappresenterebbe una perfetta «clausola di salvaguardia» affinché la coalizione possa almeno rinascere al ballottaggio. In cambio Più Europa - che ha lanciato il sasso nello stagno - potrebbe chiedere di schierare propri candidati in alcuni dei 32 collegi uninominali previsti per l’elezione del Consiglio, anch’essi assegnati col sistema a doppio turno. Un «do ut des» che farebbe contenti anche altri «partitini», sfavoriti da una legge - quella attuale - che premia quasi esclusivamente le forze maggiori.
Il dado è stato lanciato. Nelle prossime settimane si vedrà se il Pd è disposto a raccoglierlo, e lo si capirà dalle tempistiche dell’eventuale calendarizzazione della proposta di legge. Nel frattempo il centrodestra ha fiutato la trappola ed è partito all’attacco. «I cittadini laziali hanno smesso da tempo di credere a questi giochetti - scrive in una nota la consigliera Laura Corrotti di Fratelli d’Italia -. Cambiare le regole del gioco, piegandole ai propri interessi, non servirà a nulla».