pericoli

Guerra in Ucraina, crisi alimentare e bomba migratoria sono i pericoli dietro l'angolo

Riccardo Mazzoni

La crisi del grano sta per innescare una bomba umanitaria e un probabile esodo biblico dall’Africa, dove più di 40 milioni di persone potrebbero non essere più in grado di soddisfare le proprie necessità alimentari di base a causa della combinazione di fattori climatici – la terza grave siccità nel giro di un decennio – e contingenti come la guerra in Ucraina, che ha bloccato le importazioni di grano, cereali e fertilizzanti.

In Egitto e in Tunisia c’è già da settimane il razionamento del pane, e se la crisi perdurerà le conseguenze saranno drammatiche. L’aggressione militare russa sta dunque compromettendo la sicurezza alimentare globale, con seri e immediati rischi di carestie e di destabilizzazioni sociali. Ieri, durante il colloquio telefonico con Scholz e Macron, Putin ha apparentemente aperto uno spiraglio, dicendosi pronto a trovare una soluzione per la ripresa delle esportazioni di grano ucraino dai porti del Mar Nero, ma siamo probabilmente di fronte all’ennesimo bluff, visto che lo zar ha di nuovo rovesciato tutte le responsabilità sulle politiche sbagliate dei Paesi occidentali, legando l’eventuale sblocco dei prodotti agricoli russi alla revoca delle sanzioni. E nelle stesse ore il presidente della Duma ha dettato alle agenzie un comunicato sferzante per definire Biden e Zelensky come i presidenti che passeranno alla storia per aver affamato il mondo. A quasi cento giorni dall’inizio del conflitto, insomma, il Cremlino non recede di un millimetro, proseguendo la guerra con tutti i mezzi e alzando il muro della propaganda davanti alle richieste di una soluzione diplomatica.

  

 

 

 

 

È in questa situazione di tragico stallo che il vertice europeo straordinario di Bruxelles dovrà discutere una serie di questioni cruciali per il futuro immediato dell’Unione, a partire dalle sanzioni sul petrolio boicottate da Orban, dall’inserimento o meno nel comunicato finale di un accenno al cessate il fuoco e su come aiutare l’Ucraina ad esportare i suoi prodotti agricoli utilizzando le infrastrutture comunitarie. Il rischio di una destabilizzazione alimentare dell’Africa è quindi ben presente nell’agenda del summit, al quale non a caso parteciperà in collegamento video il presidente dell’Unione africana Macky Sall. Sembra restare però sullo sfondo del vertice il secondo anello della catena di questa enorme crisi alimentare, ossia il rischio di un’emergenza migratoria perfino superiore a quella del 2015. La strategia di Mosca, dopo le disfatte iniziali, sta gradualmente prendendo forma e va oltre il teatro bellico, vellicando le divisioni europee e contando sulla scarsa propensione delle società occidentali a tollerare sacrifici a oltranza. A questo fine, trasformare il Mediterraneo in un’appendice del Mar Nero in cui scatenare una guerra migratoria rientra sicuramente nei piani di Mosca. Il precedente del ponte aereo orchestrato per ammassare migliaia di profughi ai confini con la Polonia è stato a tutti gli effetti solo l’avvisaglia di quanto potrà succedere, in proporzioni molto più grandi, sul fronte sud d’Europa. Dopo l’arrivo di milioni di profughi ucraini, per la cui accoglienza l’Ue ha attivato il meccanismo della protezione temporanea, si annuncia dunque un imponente flusso migratorio dall’Africa che vedrà l’Italia nella posizione di Paese più esposto. «È una problematica che l’Europa deve mettere al centro» – ha detto la ministra Lamorgese, e l’attivismo di Draghi per risolvere la crisi alimentare ha sicuramente un occhio anche alla questione migratoria, ma non è affatto scontato che in caso di una nuova emergenza nel Mediterraneo scatti lo stesso impeto di solidarietà con cui sono stati aperti i confini a chi fuggiva dall’invasione russa. Le precedenti crisi umanitarie hanno purtroppo dimostrato il contrario, con i Paesi di primo approdo – Italia e Grecia in primis – lasciati soli dietro il comodo e ipocrita usbergo del Regolamento di Dublino. Per questo al vertice straordinario di domani sarà opportuno mettere le mani avanti, prima che i 400 mila profughi previsti dai nostri servizi segreti arrivino in prossimità delle nostre coste.