spina nel fianco
Per Mario Draghi si apre la grana taxi. Autisti pronti a bloccare le città contro il ddl Concorrenza
Dopo le intese faticosamente trovate dal Governo su balneari e delega fiscale, il testo del Ddl concorrenza, dopo il via libera della Commissione Industria al Senato, è pronto ad andare in aula lunedì prossimo per l'approvazione. Ma non tutti i nodi presenti nel Ddl sono stati sciolti, anzi. Il più cogente, al momento, è quello che prevede la riforma del trasporto pubblico non di linea, ovvero del servizio di taxi e Ncc. L'intero settore, infatti, è ufficialmente in stato di agitazione da ormai diversi giorni e la situazione, se il Governo dovesse tirare dritto per la propria strada, rischia di farsi ancor più calda nelle prossime ore. A scatenare le ire dei tassisti è stato l'inserimento nell'articolo 8 del Ddl di alcune disposizioni definite dagli operatori «irricevibili», specie quelle riguardanti, come si legge nel testo, «la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati». Una formula, quella della «promozione della concorrenza», che secondo la quasi totalità delle sigle del settore nasconderebbe null'altro che l'ennesimo tentativo di liberalizzare un servizio pubblico al solo fine di lasciar entrare all'interno del mercato delle licenze i grandi gruppi multinazionali. Una privatizzazione sostanziale, insomma, del lavoro degli operatori taxi, i quali sarebbero costretti a sostenere una lotta impari contro i grandi colossi del capitale italiano e internazionale. Ecco perché ciò che oggi chiedono i tassisti è lo stralcio dell'articolo 8 nella sua totalità, come spiegato da Andrea Anderson, della segreteria nazionale del sindacato Orsa Trasporti: «Quello che esigiamo - ha dichiarato Anderson - è lo stralcio totale dell'articolo 8 da questo Ddl. E per ottenerlo siamo pronti a fare le barricate, se necessario. Questo deve essere chiaro».
«Siamo davanti all'ennesimo tentativo - ha proseguito - di avviare una deregolamentazione di un servizio pubblico a esclusivo beneficio dei grandi capitali nazionali e multinazionali e noi non lo possiamo accettare. Non dovrebbero nemmeno gli utenti, i quali sarebbero a loro volta penalizzati da una eventuale destrutturazione selvaggia di un settore strategico come quello del trasporto pubblico non di linea». Nessun compromesso, dunque: i tassisti hanno tracciato la loro linea del Piave, forti anche della ampia condivisione d'intenti emersa all'interno del settore, oggi più compatto che mai nel respingere la riforma. «Siamo tutti uniti in questa battaglia - ha sottolineato Loreno Bittarelli, Presidente URI e Presidente del Consorzio Nazionale ItTaxi - con l'intenzione di portarla fino in fondo. La nostra posizione è chiara: quell'articolo va cancellato e, contestualmente, vanno ripresi i discorsi relativi ai decreti attuativi». E sono proprio questi ultimi, sostengono gli operatori, gli unici strumenti adeguati per risolvere davvero i problemi che da sempre affliggono il trasporto pubblico non di linea, come ribadito da Anderson: «Siamo i primi a dire che nel settore ci sono storture che vanno risolte. Ma un decreto, su cui peraltro non siamo stati neppure interpellati, non è certo il modo giusto per mettere ordine. Gli strumenti per questo scopo ci sono già, e sono i decreti attuativi sulla regolamentazione delle app, registro delle imprese e foglio di servizio elettronico. Abbiamo gli strumenti giusti per risolvere davvero i problemi ma non li utilizziamo, preferendo invece svendere un intero settore».
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E a favore della riapertura di un tavolo sui decreti attuativi e contro il ricorso alla legge delega si è espressa anche la Lega, segno che la riforma dei taxi sta scuotendo dall'interno la stessa maggioranza di Governo, ancora evidentemente segnata dalle frizioni scatenatesi in questi giorni soprattutto sul tema dei balneari. «La posizione della Lega è chiara - hanno dichiarato in una nota i deputati della Lega Elena Maccanti, capogruppo in Commissione trasporti, ed Edoardo Rixi, responsabile nazionale Infrastrutture - e sarà quella che porteremo ai tavoli di maggioranza e governo: completiamo la riforma del settore ed emaniamo i decreti attuativi. Una legge delega (senza passare dal Parlamento) è inutile, dannosa e allungherebbe i tempi. Consapevoli che è fondamentale tutelare il nostro modello di Tpl non di linea, che non può essere distrutto nel nome del "Ce lo dice l'Europa" (che neanche ce lo dice, peraltro), né per l'interesse economico di multinazionali e dintorni». Insomma, la «guerra a bassa intensità» scatenata dal Ddl concorrenza prosegue, nel Paese reale così come nei palazzi della politica.
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