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Governo balneare, Mario Draghi perde le staffe: "Accordo o niente soldi dall'Ue". Ricatto sulla concorrenza

Carlo Solimene

«Incomprensibile. La commissione Industria del Senato si riunisce martedì prossimo, non stasera o domani. C'era tutto il tempo. Che bisogno c'era di un Cdm d'urgenza? È una strategia della tensione?». Sono le otto di sera e un big del Carroccio non riesce a trattenere lo sfogo contro Draghi. Il Consiglio dei ministri convocato all'improvviso dal premier, senza ordine del giorno e lasciando all'oscuro gli stessi membri del governo sui contenuti, è terminato circa un'ora prima. In soli otto minuti di incontro il premier non è stato tenero. Ha annunciato che si sarebbe parlato del Ddl Concorrenza e ha tirato fuori un foglietto che riportava gli impegni presi dai partiti sul provvedimento: approvazione in entrambe le Camere entro giugno. «Va bene la mediazione» ha detto, «ma i tempi vanno rispettati, altrimenti rischiamo di perdere i fondi del Pnrr». Poi è arrivata la richiesta ai ministri di approvare l'eventuale ricorso alla fiducia in Senato sul provvedimento. «Sul testo frutto di un'intesa tra i partiti, se questa arriverà. O sul testo base, se l'accordo non ci sarà». Ma comunque non oltre la fine di maggio. I ministri hanno approvato all'unanimità. Anche i capidelegazione dei vari partiti hanno parlato per manifestare il loro benestare sul punto.

 

  

 

Che a Palazzo Chigi tirasse aria di tempesta l'aveva capito, tra i primi, il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Paolo Barelli. Nella sede del governo per discutere dei vari dossier aperti, si era «imbattuto» nel premier che, visibilmente irritato, aveva avvisato il forzista: «Sul ddl Concorrenza dovete trovare l'accordo o si va avanti lo stesso». Parole nette, pronunciate alla presenza anche di altri interlocutori, tra cui il ministro per i Rapporti col Parlamento Federico D'Incà. Probabile che a provocare l'ira di Draghi sia stata l'ennesima fumata nera, ieri mattina, sul nodo più complicato del provvedimento, quello relativo alle concessioni balneari. A sei mesi dal via libera in Cdm, il premier ha ritenuto intollerabile non solo l'impuntarsi del centrodestra sugli stabilimenti - in ballo il tema delle deroghe e del giusto indennizzo a chi perderà la licenza - ma soprattutto il rifiuto di far partire le votazioni in commissione al Senato almeno dai temi su cui c'era intesa: «Prima di avviare l'iter parlamentare occorre accordarsi su tutto» aveva replicato il centrodestra. L'impressione, dalle parti di Palazzo Chigi, era che i partiti volessero tirarla per le lunghe. E magari scavallare il voto delle prossime Amministrative. E così Draghi è passato alle maniere forti. Con una scelta che, però, rischia di lacerare ulteriormente la maggioranza.

 

 

Anche perché alla sorpresa e all'irritazione del centrodestra fa da contrappunto il plauso al premier di Pd e 5 stelle, quasi una «vendetta» dopo il patatrac della commissione Esteri del Senato. In serata il centrodestra di governo raccoglie le idee e fa uscire una nota congiunta: «Lega, Forza Italia e il resto del centrodestra di governo hanno evitato che aumentassero le tasse su casa e risparmi, anche sul Decreto Concorrenza l'obiettivo è tutelare 30.000 piccole aziende italiane e 100.000 lavoratori del mare. Siamo ottimisti che si possa trovare un accordo positivo su un tema che, peraltro, non rientra negli accordi economici del Pnrr» scrivono i capigruppo di Lega e Forza Italia, Massimiliano Romeo e Annamaria Bernini. Il senso del messaggio è chiaro: finora i partiti hanno dimostrato responsabilità e vogliono continuare a farlo. Ma il premier non può ricorrere a simili forzature. Anche perché, è la sottolineatura più importante, c'è un modo perfetto per stringere i tempi: eliminare dal Ddl il nodo balneari. Visto che nel Pnrr non è neanche citato...