mal di pancia

Giuseppe Conte verso lo strappo dal governo, le elezioni anticipate scuotono Mario Draghi

Christian Campigli

C'eravamo tanto...sopportati. L'amore, quello vero, è ben altra cosa. E forse, sotto sotto, persino la stima. Il complicato rapporto tra il governo Draghi e il Movimento Cinque Stelle registra una nuova scossa. Non è un mistero che i sondaggi rivelino, di settimana in settimana, un'evidente disaffezione dell'elettorato grillino dalla forza che fu di piazza e che non riesce a diventar di palazzo. Frecciatine, prese di posizione, diversità di vedute. Dal cashback al reddito di cittadinanza, dal 110% in ambito edilizio alla posizione sull'invio delle armi in Ucraina. La crepa si sta trasformando in una voragine e Giuseppe Conte, secondo numerosi rumors romani, sarebbe pronto allo strappo definitivo: uscire dall'esecutivo e prepararsi alle elezioni anticipate di settembre.

Il Presidente della Repubblica Mattarella non vuol nemmeno sentirle, certe parole. Soprattutto nel bel mezzo della più grave crisi internazionale dai tempi dei missili di Cuba. Una situazione complicata, anche perché, se da una parte il Pd si è autoimposto di continuare a rappresentare il partito della responsabilità, dall'altro la Lega non è così convinta che recarsi alle urne prima di marzo 2023 sia l'idea giusta per il Caroccio. Salvini ha da risolvere alcune beghe interne (con Giorgetti e Zaia in primis) e da recuperare almeno quattro punti nei sondaggi, rispetto al 22% della Meloni. Renzi per ora sta alla finestra, convinto che alla fine il campo democratico si scioglierà come neve al sole. E Letta sarà costretto, obtorto collo, a tornare dal nativo di Rignano e da Calenda. Tensioni e continui distinguo non fanno certo bene al governo.

  

Draghi, deluso dalla posizione dei partiti nei suoi confronti durante la scelta dell'inquilino del Quirinale, appare sempre più stanco di continui tira e molla. Resta per quel senso dello Stato che gli appartiene e che, in numerose occasioni, ha mostrato con enfasi ai quattro venti. In un simile scenario risulta complicato, se non impossibile, dover affrontare un nodo, al contrario, essenziale per i prossimi cinque, dieci anni: la nuova legge elettorale. Proporzionale, misto, maggioritario, alla tedesca, alla francese col semi presidenzialismo? Ipotesi, idee, valutazione, che sembrano, ad oggi, più noiosi esercizi dialettici che reali prospettive per il futuro politico del Paese.