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Mario Draghi, Gianluigi Paragone inchioda il premier sulla guerra: "Si muove come un socio di Biden". Italia sottomessa a Washington
Pare che l'intesa tra Mario Draghi e Joe Biden sia alle stelle. «Il presidente attende con impazienza il premier; hanno sviluppato un ottimo rapporto personale», dicono le fonti vicine alla Casa Bianca. «Hanno davvero interessi e approcci molto condivisi sul conflitto in Ucraina. Il presidente ha apprezzato tutto ciò che il primo ministro e l'Italia hanno fatto in termini di sostegno a forti sanzioni all'interno della Ue, assistenza umanitaria e alla sicurezza, per sostenere il popolo ucraino. Gran parte della discussione di martedì si concentrerà sull'Ucraina, in particolare gli sforzi per sanzioni aggiuntive, sicurezza e assistenza umanitaria, e sostegno economico al governo». Washington accoglie «con grande favore l'intenzione dell'Italia di fornire armi pesanti all'Ucraina».
Insomma pare proprio che Mario Draghi si muova come fosse un governatore aggiunto di Biden oppure come farebbe un ex socio di una banca d'affari americana, ossia Goldman Sachs, per dirla con l'indimenticabile Francesco Cossiga. L'intesa tra Palazzo Chigi e Casa Bianca è perfetta, soprattutto se si pensa all'affanno con cui l'ex banchiere centrale sta al passo delle mosse statunitensi in materia di armi all'Ucraina. Se infatti un pezzo della maggioranza tenta di smarcarsi ipocritamente dal voto parlamentare (addirittura Conte lo voleva in aula a riferire prima della missione), lui tira dritto sul solco tracciato da Joe Biden. Tanta ostinazione fa però sorgere non pochi dubbi.
Intanto sulla segretezza delle forniture: non è dato sapere che tipo di armamenti acquistiamo, a chi vanno e soprattutto da chili acquistiamo. Perdonatemi se parlo da senatore di opposizione (che ha votato contro l'acquisto) ma vorremmo sapere se stiamo spendendo nostri soldi, magari in prestito, per negoziazioni con aziende straniere e magari con la supervisione di quei governi che stanno spingendo per la guerra e non per la pace. Americani in testa. Confesso che tanto entusiasmo da parte di Biden è sospetto: non è che stiamo comprando attrezzature da loro? E in cambio di cosa? Seguendo l'adagio di Andreotti secondo il quale «Pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca», non vorrei che la solerzia di Draghi ad assecondare il volere degli americani (e il conseguente apprezzamento della Casa Bianca) fosse davvero subordinato dal quel che sussurrano le malelingue e cioè che SuperMario - ormai ammaccato dall'esperienza di Palazzo Chigi - voglia scappare dall'Italia prima possibile e ripararsi o sulla poltrona più importante della Nato o di quella del Fondo Monetario Internazionale. Il fatto di riposizionarsi presso una istituzione internazionale di prestigio ridarebbe smalto all'ex Governatore della Bce e lo riparerebbe dalle accuse di voler lasciare l'Italia proprio nel mentre di una situazione così difficile qual è la guerra in Ucraina.
Insomma sarebbe una specie di sacrificio cui il premier non potrebbe certo dire no. Si tratta dunque di negoziare bene l'uscita e avere il consenso del club che conta. Ma su quello l'ex Goldman Sachs è imbattibile. Lo fa da una vita.