La «resistenza» di Vito Petrocelli. Nessuno riesce a togliergli la presidenza e lui non molla
Ancora stallo in Senato sull’affaire legato a Vito Petrocelli. La Giunta per il Regolamento di Palazzo Madama infatti ha sì aperto la discussione sul caso, ma si è aggiornata a martedì prossimo alle 16 vista l’assenza dal tavolo di uno dei membri, ovvero il cinquestelle Gianluca Perilli, in missione a Strasburgo per il Consiglio d’Europa. Passerà quindi ancora qualche giorno prima di capire se e come sarà sbrogliata la matassa. Di certo sul senatore del M5s, presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, da settimane è sempre più forte il pressing di tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e opposizione, per portarlo a lasciare la poltrona dopo le sue esternazioni filo russe. E a chiedere ufficialmente a Petrocelli un passo indietro c’è anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, secondo cui il senatore dovrebbe «considerare le dimissioni». Da Strasburgo il titolare della Farnesina fa notare che «rispetto a questa guerra e all’attacco non provocato di Putin all’Ucraina, l’Italia, il governo ma anche il Parlamento, è stato molto chiaro nel condannare questa azione». «Poi si può discutere di quali possono essere le soluzioni per raggiungere la pace - aggiunge - ma che si utilizzi il simbolo che più rappresenta l’efferatezza di questa guerra, la Z, addirittura nell’ambito dei festeggiamenti della nostra festa della Liberazione credo che porti a una responsabilità politica molto alta. E poi in questo momento c’è un parere unanime dei gruppi parlamentari nel richiedere le dimissioni di un presidente, non bisogna aspettare i meccanismi parlamentari. C’è un tema politico».
Il messaggio della vergogna di Petrocelli su Twitter. Conte furibondo: espulso dal M5S
Tema che però non sembra interessare particolarmente a Petrocelli, sordo finora alle richieste di dimissioni anche perché, sottolinea su Twitter, «ho la stessa posizione in politica estera del governo Conte I e del programma con cui sono stato eletto nel 2018, prima che arrivassero il Pd e Draghi». Cinguettio concluso con un attacco diretto nei confronti di Grillo: «Mi fa soltanto un po’ male il silenzio assordante di Beppe. Vergognoso...». Su Petrocelli al momento pende il procedimento di espulsione dal Movimento, anche se per l’avvocato Lorenzo Borrè «qualsiasi provvedimento è a rischio». «C’è già un precedente: l’annullamento della sanzione disciplinare a Riccardo Nuti irrogata da un Collegio dei probiviri costituito in base ad uno statuto illegittimamente modificato in assenza di quorum», ricorda a LaPresse il legale, che non esclude dunque che il provvedimento possa essere dichiarato «illegittimo».
Via la fiducia al governo Draghi e fuga dei ministri: il M5S si spacca ancora
Riccardo Nuti è stato espulso nel 2017 in seguito all’inchiesta sulle firme false per le amministrative palermitane del 2012. Il Tribunale di Palermo dichiarò illegittime tutte le espulsioni del Movimento tra il 2014 e il 2017, in quanto lo statuto non era stato approvato dagli associati del Movimento mentre per le modifiche successive era mancato il quorum. Proprio come per le votazioni dell’11 marzo, dove ha votato meno di un quinto degli iscritti.
Il grillismo vittima del suo populismo da quattro soldi e contraddizioni