riforme affossate
La resa di Mario Draghi ai partiti: zuffa elettorale, il governo resta immobile
Mario Draghi s'arrende. Alla fine vincono i partiti, troppo impegnati nella campagna elettorale per le Amministrative e i referendum sulla giustizia del 12 giugno prossimo- prologo delle Politiche dell'anno venturo - per essere in grado di mettere da parte gli interessi di bottega e approvare provvedimenti divisivi per la maggioranza come il Ddl Concorrenza o la delega fiscale. Meglio rinviare tutto a dopo le elezioni, lasciando così le forze politiche libere di portare avanti al propria campagna elettorale senza essere costrette ad affossare le riforme care a Palazzo Chigi. Tre mesi di rinvio per mettere a riparo il governo da pericolose fibrillazioni che già s' erano manifestate nelle ultime settimane, come accaduto, ad esempio, sul decreto Ucraina e l'aumento delle spese per la difesa, sulla riforma del Csm, sulla delega fiscale e annessa riforma del catasto. Draghi e il governo devono aver capito l'antifona e, d'accodo con i partiti di maggioranza, hanno deciso di rinviare tutto, congelare l'attività parlamentare e riparlarne dopo i ballottaggi del 26 luglio. Sul Ddl Concorrenza, ad esempio, i gruppi parlamentari potranno incidere sia alla Camera che al Senato ma il via libera al testo slitta a luglio. Dopo diverse riunioni coordinate dal ministro per i Rapporti con il Parlamento D'Incà si è raggiunto ieri un compromesso sul metodo da utilizzare. Il lavoro verrà «spacchettato»: a palazzo Madama si cercherà di trovare un'intesa sul tema delle concessioni balneari, dell'idroelettico e dei servizi pubblici locali; a Montecitorio si tenterà un accordo sulla questione del trasporto locale e dei taxi. Ma al momento nel merito del provvedimento licenziato prima di Natale dal Consiglio dei ministri non c'è stato ancora un confronto con l'esecutivo.
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Resta in stand by anche il dossier sulla legge delega fiscale. Sul sistema duale si registrano passi avanti ma sulla riforma del catasto il centrodestra attende risposte dal Ministero dell'Economia e da palazzo Chigi. La riunione prima di Pasqua tra i premier Mario Draghi e la delegazione dei partiti del centrodestra di governo aveva portato da un lato alla rassicurazione ribadita da Palazzo Chigi di non aver alcuna intenzione di alzare le tasse, di introdurre nuovi balzelli sulla casa, di mettere la mani in tasca agli italiani per quanto riguarda gli affitti e il risparmio; dall'altro lato, a un supplemento di confronto e di analisi per introdurre nel testo quelle norme necessarie a rendere inequivocabili le rassicurazioni fornite a voce dal premier, come richiesto soprattutto da Lega e Forza Italia. «Il governo deve capire che non è un Consiglio d'amministrazione, il Parlamento deve avere voce in capitolo», rilancia una fonte parlamentare di FI. Intanto però la doppia lettura sul Ddl Concorrenza viene comunque considerato un passo significativo dai partiti che attendono ora le nuove misure a cui sta lavorando il governo per venire incontro al caro bollette e alle conseguenze economiche della crisi in Ucraina.
Di fatto la prospettiva è che le forze politiche potranno fare campagna elettorale sulle proprie battaglie anche se incombono le scadenze legate al Pnrr. Nei prossimi giorni, potrebbe aprirsi anche un altro fronte in maggioranza. Il M5S, infatti, con la sponda del Pd, ha intenzione di modificare la riforma del codice degli appalti che con 197 voti favorevoli, 24 contrari e due astensioni ha avuto già il via libera del Senato. Al momento è previsto che sulla stesura dei decreti attuativi possa intervenire il Consiglio di Stato. La disposizione, contestata da M5s già nel passaggio a palazzo Madama, prevede l'obbligo di avvalersi di magistrati del Tar, esperti esterni, avvocati e rappresentanti dell'Avvocatura generale dello stato, a titolo gratuito. L'orientamento sarebbe quello di presentare un emendamento soppressivo. Intanto martedì è atteso il voto finale alla riforma del Csm a Montecitorio, molto probabile che il governo ponga la questione di fiducia al Senato.