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Centrodestra, ultima chance per governare dopo Draghi. Ma i leader restano divisi

Luigi Bisignani
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Caro direttore, ultima chiamata per il centrodestra, nonostante l’inutile ammucchiata nello studio di Draghi. Neppure la Settimana Santa è riuscita a mettere un po’ di pace nelle guerre fratricide in corso tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia nelle quali l’uno continua a dare del Giuda all’altro, mentre i piccoletti attorno a loro abbaiano alla luna.

A porgere un ramoscello d’ulivo è stato, ancora una volta, un Silvio Berlusconi in grande spolvero, ma nessuna colomba pasquale si è vista ancora volare nei «cieli azzurri». Se lo psicanalista inglese Donald Winnicott avesse conosciuto Berlusconi, non avrebbe avuto dubbi a confermare le sue teorie sulla cosiddetta «madre sufficientemente buona»: allatta copiosamente i suoi pargoli ma non riesce ad essere genitore con i suoi stessi eredi, i quali, a loro volta, non vogliono essere figli e non riescono neppure ad essere fratelli tra loro. La cosiddetta «famiglia mostruosa» tanto studiata dalla scuola di psicanalisi francese. È un canovaccio che si ripete da tempo e che passa da Bossi, Fini, Casini, Follini, Toti, Alfano, Fitto, Lupi, solo per citarne alcuni, per arrivare a Salvini e alla Meloni.

Tuttavia, più che ricorrere alla psicanalisi, ci vorrebbe un mago per spezzare il sortilegio. Il centrodestra maggioranza nel Paese non riesce proprio a spiccare il volo. Troppe sono le piccole camarille, soprattutto intorno a Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Con i tre rispettivi leader, Meloni, Salvini e Berlusconi che, anziché compattarsi, ogni giorno si allontanano di più, dividendosi anche al loro interno.

Così come, ironia della sorte, due di loro sono accomunati da analoghi destini: Berlusconi e Salvini, ad esempio, non si riconoscono al Governo con ministri (Giorgetti, Garavaglia, Stefani, Brunetta, Gelmini e Carfagna) che hanno dimenticato i loro partiti appiattendosi sul Premier, salvo cominciare a guardarlo di sottecchi da quando non è più Super Mario. Alcuni loro atteggiamenti hanno addirittura del paradossale, come il ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti che si divide da Salvini su scelte importanti, come per l’ex Ilva di Taranto o i balneari. Oppure i ministri di Forza Italia che, con i loro portaborse, non hanno neppure consentito allo stimato governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, e ad alcuni parlamentari di pranzare insieme a loro in un salotto «off limits» allestito nello stesso albergo romano dove si teneva la convention. Si sono dovuti accontentare di tramezzini al bar. Poi c’è la senatrice Licia Ronzulli che, non potendo fare anche la sposa, nel matrimonio virtuale si è occupata di tutto il resto, dagli abiti agli allestimenti, e con la sua regale andatura bacchetta come una zarina i parlamentari quando non va a parlare in tv di strategie militari. Miseria e nobiltà...

Queste ridicole bagarre rischiano di trasformarsi in una valanga se il centrodestra non riuscirà a trovare una quadra già dalle prossime elezioni in Sicilia, isola che da sempre segna, così come la Rai, il termometro di quello che succederà a Roma. È già rissa per le comunali di Palermo e di Messina mentre sullo sfondo aleggia la battaglia per la presidenza della Regione, con la conferma o meno dell’uscente ed assai divisivo Nello Musumeci. Il tutto inasprito da una Giorgia Meloni che continua a chiedere un tavolo di confronto, dimenticandosi forse che finì assai male quando lo ottenne a Roma, puntando sul povero Michetti.

Se da un lato Giorgia resta incatenata ai vari Donzelli e Del Mastro, invisi al resto di Fratelli d’Italia, dall’altro sta raccogliendo consensi in una dimensione internazionale, forte del suo ruolo di presidente dei Conservatori europei. La convention, in preparazione a Milano, sarà da fuochi d’artificio e finalmente potrebbe aprire il partito alla società civile. In questo disordine, c’è chi pensa di poter mettere insieme Forza Italia e Lega, credendo che la somma aritmetica di entrambi corrisponda al reale aumento del consenso.

Ma come giustamente rileva quella vecchia volpe di Gianfranco Rotondi, se si vuole fare sul serio, non si può escludere Fratelli d’Italia da un simile progetto. Infine ci sono tutti i «senza tetto», da Renzi a Calenda, passando da Brugnaro a Toti fino al «draghetto» Lupi, che vedendo aumentato il livello di caos nel centrodestra non aspettano altro che una chiamata da Enrico Letta, proprio colui che seduto sul nido del cuculo, promette seggi e, inorridendo la sua base, è diventato un pericoloso guerrafondaio.

Tornando al centrodestra e considerando le sacrosante battaglie su fisco, giustizia e casa portate avanti soprattutto da Antonio Tajani, Paolo Barelli e Annamaria Bernini, si dovrebbe comunque trovare una coesione, anche in vista delle elezioni. Ormai il metodo Draghi di procrastinare, «alla Dorotea», ogni decisione, con il PNNR tutto da riscrivere, non piace più nemmeno al presidente Mattarella il quale si sta convincendo che l’Italia, soprattutto dopo le presidenziali francesi e nel post-Merkel, non può restare impantanata fino alla primavera prossima in una campagna elettorale infinita. La scusa che non si può votare in periodo di guerra è ormai svanita. Tic tac, sveglia.

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