i danni della guerra
Sanzioni e gas, la denuncia dell'avvocato esperto Alexandro Tirelli: "Danneggiano più l'Europa della Russia"
Il 24 febbraio del 2022 è una data che segna uno spartiacque nella storia dei nostri giorni. L'invasione dell'Ucraina ha dissipato definitivamente l'illusione, degna di un Leibnitz, di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ci siamo resi conto, invece, che siamo ostaggio del Caos, che in alcuni casi viene declinato come Caso, che ci vuole interconnessi gli uni agli altri, più nella sconfitta che nella vittoria. Perfetta rappresentazione di quella funesta immagine che vuole che un battito di ali di farfalle a New York produca un uragano in Europa.
E, in effetti, alle nostre latitudini, l'uragano si è già manifestato. E sta facendo danni. Soprattutto al nostro Paese, e non solo per la dipendenza energetica dal gigante russo che ne mette a rischio la stessa sopravvivenza. Ma per la totale incapacità e insipienza della sua classe dirigente. Assai più impegnata a raccogliere consenso sui social che a predisporre piani per lo sviluppo della comunità in un futuro che si preannuncia difficile e ricco di incognite. Una classe dirigente che ha abdicato al suo ruolo delegando ad altri il compito di tenere il volante. Siamo passati, nel giro di trent'anni, da Paese a sovranità limitata nella contrapposizione frontale Est-Ovest a laboratorio politico-sociale di esperimenti di «dittatura soffice».
La politica, quella vera, quella che pensa non alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni, è fuggita via spaventata dalle Procure più intraprendenti, e ha cercato riparo nella tecnocrazia finanziaria, ignorando di commettere lo stesso disperato errore di Ulisse che «cadde in Scilla cercando di evitare Cariddi». Il Parlamento si è così svuotato di ogni potere. Le Camere sono state ridotte a compiti di semplice burocrazia, perennemente minacciate dal ricorso alla «fiducia» e dall'incubo di perdere le ricche prebende che il fato e una legge elettorale assurda hanno consegnato a deputati e senatori improvvisati. Ormai non si svolge più alcuna riflessione o ragionamento critico sui provvedimenti da votare. Provvedimenti ideati e scritti altrove, non certo a Roma, dove viene solo «rappresentata» la messa in scena del potere, con la p minuscola. Il mainstream e i veri centri di Potere (con la maiuscola) provano a nascondere la verità, gridando al complottismo, al primo timido tentativo di risveglio. E fanno partire la macchina del fango che spezza carriere e indebolisce esistenze. Chi ha il coraggio di opporsi, più che un tenace difensore di uno Stato di diritto, viene dipinto come un incosciente.
Dunque, siamo transitati dalle Procure d'assalto ai finanzieri d'assalto. Possiamo oggi affermare che i destini dell'economia mondiale non siano nelle mani delle grandi multinazionali? Del grande capitale? Delle «corporate» che producono fatturati superiori ai Pil di Stati sovrani?
Il risultato di questa finanziarizzazione della politica è che interi pezzi di istituzioni rispondono oggi direttamente al settore corporate che, tra l’altro, controlla il rubinetto del credito, comprese Bce e banche d’affari. La guerra in Ucraina è un'ulteriore occasione di accentramento di ricchezza e di potere politico. Le sanzioni volute dagli Usa e rilanciate dall'Ue danneggeranno molto di più i Paesi deboli dell'Europa che la stessa Russia, ma questo sembra un discorso di poco conto nel dibattito attuale. Eliminare il gas russo, senza un'adeguata strategia di switch on, significa ammazzare l'industria pesante italiana. E non solo. Il mostro della spirale inflazionistica è alle porte.
Chi ne parla? Nessuno. Anche l'informazione si sta omologando. E trovare spazi di libertà informativa è oggi sempre più difficile. A questo punto servirebbe davvero un «grande reset», ma in senso buono. Una nuova fase costituente per ridisegnare valori e principi del nostro Paese e i relativi diritti e doveri dei cittadini. Per fissare dei paletti inviolabili nella divisione tra politica e finanza. Per restituire agli elettori il diritto-dovere di scegliere chi dovrà rappresentarli, abolendo così l'abominio democratico delle liste bloccate. Per riportare la magistratura alla sua dimensione di potere dello Stato e non di potere sullo Stato. Restituendo, insomma, coraggio e dignità al Paese che più di tutti ha contribuito alla costruzione della civiltà occidentale.
di Alexandro Maria Tirelli
Presidente Camere penali del diritto europeo e internazionale