pacifismo moraleggiante
Ucraina, Conte non guarda in faccia la realtà: la Guerra fredda è già tornata tra noi
L'ineffabile Conte, in un'intervista al portale d'informazione "Politico", ha illustrato i suoi dogmi di politica internazionale ai tempi della guerra fissando alcuni punti fermi: l'Europa deve mantenere i nervi saldi e la sua risposta all'invasione dell'Ucraina non può essere una corsa al riarmo, perché «spostare risorse dalla transizione verde per investirle nell'industria militare sarebbe una posizione completamente sbagliata»
. Cosa dovrebbe quindi fare l'Ue? Semplice: «Perseguire una leadership non militare ma su temi quali i diritti umani e la tutela di chi si trova in difficoltà finanziarie e sanitarie», perché il riarmo «rischia di riportare il Vecchio Continente a una mentalità da Guerra Fredda». Una grande regressione da scongiurare, ed essendo per Conte la pace «una stella polare», non va aizzata l'escalation militare, ma la Comunità internazionale deve convincere Putin a «un negoziato che preveda la cessazione immediata delle ostilità, il ritiro delle truppe e il riconoscimento dell'autodeterminazione dell'Ucraina».
Ora, al di là della palese contraddizione di un ex premier che con i suoi governi la spesa militare l'ha aumentata per ben tre volte - approvando anche il piano pluriennale per la difesa - la dottrina Conte potrebbe essere definita quella della botte piena e della moglie ubriaca. Già, perché dopo cinquanta giorni di conflitto segnati da ingenti perdite militari, da atroci crimini di guerra, stragi di civili, stupri e distruzioni, l'ipotesi di convincere Putin a trattare attraverso la moral suasion evocata da Conte ha il suono opaco delle trombette del pacifismo imbelle o, peggio, del menefreghismo ipocrita di chi si volta dall'altra parte per non guardare in faccia la realtà e ulula alla luna i suoi no alle armi «per evitare l'escalation» e «per salvare le vite» del popolo ucraino.
Una solidarietà finta e untuosa che spesso nasconde, in modo anche più subdolo, la sottile complicità con l'autocrate che ha scientemente riportato la guerra in Europa. Perché quelli come Conte non si sono evidentemente accorti che la Guerra Fredda è già ripiombata in mezzo alle nostre vite, a causa del lucido disegno di Putin di ridisegnare i confini d'Europa, e oggi come settant'anni fa bisogna correre ai ripari prima che sia troppo tardi, ammesso che non sia già troppo tardi, visto che, mentre l'Ue era alle prese con i parametri di Maastricht, la deriva del relativismo culturale e l'occhiuta ossessione per le misure delle zucchine, il mondo stava correndo verso nuovi assetti geopolitici e un inevitabile nuovo riarmo.
Dopo gli anni in cui l'unica minaccia alla pace mondiale sembrava ristretta alle avanguardie del terrorismo islamico e alla sua guerra asimmetrica, dal 2015 in poi c'è stata un'accelerazione progressiva del potenziamento degli arsenali, fino ad arrivare all'ultima sfida tecnologica dei sistemi d'arma ipersonici. Nel 2020 la spesa militare globale ha raggiunto i duemila miliardi di dollari, e la guerra in Ucraina ha dato un'ulteriore scossa al riarmo, simboleggiato dalla decisione storica della Germania di investire più del due per cento del Pil.
L'Europa si è finalmente decisa a percorrere la strada della difesa comune, la Nato prefigura un allargamento dell'alleanza occidentale al teatro asiatico e lo stesso Giappone sta per investire sul riarmo nonostante i suoi paletti costituzionali. Tutte mosse obbligate per contrastare l'«amicizia senza limiti» tra Cina e Russia, con Pechino che ha aumentato del 7,1 per cento la spesa militare nel 2022 ed entro il 2030 potrebbe arrivare a mille testate atomiche. Questa è la cruda realtà dello scenario mondiale, del tutto incompatibile quindi con la fumosa teoria di una leadership europea «sui diritti umani»: la prima Guerra Fredda ha insegnato che l'unica arma valida per salvare l'Europa è la deterrenza militare, non il pacifismo moraleggiante succube dei suoi nemici.