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La roulette russa del gas, Putin temporeggia sul pagamento in rubli: il bluff sulle trattative

Gianluca Zapponini
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Se davvero un giorno l’Europa potrà fare a meno del gas russo, non sarà domani e nemmeno dopodomani. Non è facile impacchettare decenni di dipendenza energetica e scoprirsi improvvisamente autonomi, senza dover chiedere l’energia a chicchessia, staccando generosi assegni mensili per non rimanere al buio e al freddo. Lo stesso premier Mario Draghi, che certo non ha il vizietto dei voli pindarici, ne è più che convinto, tanto da ribadirlo due giorni fa, in occasione della conferenza stampa alla Stampa Estera. «Non possiamo rinunciare al gas russo, non immediatamente». E a onor del vero, Draghi ha ragione. L’Italia manca di infrastrutture in grado di attuare lo sganciamento, con soli tre rigassificatori attivi e due ancora sulla carta, a Crotone e Termini Imerese. Troppo poco per dire «dasvidania» all’ex Urss. Al netto del percorso per una separazione, si spera consensuale, da Mosca, il presente e la quotidianità raccontano una realtà dura, fatta di scelte drammatiche per molte famiglie italiane. Come a dire, o la spesa o la bolletta.

Meno male che, Autorità per l’Energia dixit, ad aprile e per i prossimi tre mesi il costo dell’energia calerà, dopo mesi di impennate costanti. E questo nonostante il caos e l’isteria generati dalla crisi energetica. Un calo, a dire il vero, ancora non così elevato da pensare di poter recuperare i maggiori costi degli scorsi mesi, ma un primo segnale che potrebbe dare inizio a un nuovo trend. Per il momento, i numeri sono severi: la famiglia italiana media pagherà 1.652 euro in un anno, dal 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022, per il gas , il 71% in più dei 12 mesi precedenti. Nel caso dell’elettricità la spesa annuale sale a 948 euro, +83%. Il puzzle non è completo e per capire fino in fondo il grande risiko del gas, occorre aggiungere ancora qualche pezzo. Per esempio, la richiesta di Draghi di mettere a livello europeo un tetto al gas, anche e non solo per ridurre l’ossigeno nelle bombole della Russia, che di esportazioni di energia vive. Meno si paga il gas a Mosca, maggiori sono le probabilità di gettare l’economia russa in uno stato comatoso.

All’appello di Draghi si è aggiunto il controcanto di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, per il quale «siamo in un momento critico per tutta l’Europa e l’Unione deve mostrarsi coraggiosa. Per il nostro Paese e per tanti altri Stati membri serve subito un tetto massimo al prezzo del gas. Come Italia lo stiamo chiedendo con forza e andremo avanti con la massima determinazione. Non possono esserci tentennamenti». Tutto molto bello, se non fosse che la proposta del governo italiano continua a non incontrare le sponde giuste e Draghi sembra sempre più un predicatore nel deserto. Le avvisaglie si erano già viste la settimana scorsa, in occasione dell’ultimo Consiglio europeo. La maratona nella seconda e ultima giornata di lavori a Bruxelles, si era chiusa con un nulla di fatto per l’Italia, costretta a prendere atto della mancata intesa sul price cap del gas. Il problema è che Germania e Francia vanno per la loro strada e fanno, cosa più irritante, orecchie da mercante. La prima non è convinta della proposta italiana, la seconda vorrebbe l’immediato stop alle importazioni russe. La buona notizia, se così si può dire, è che il gas si potrà pagare in rubli, moneta che si apprezza a quota 85 sul dollaro, a partire da maggio. Per Draghi è una palese violazione contrattuale, per il ministro della Transizione Roberto Cingolani non è un problema di quelli insormontabili. Anche qui, caos.
 

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