crisi ucraina
Draghi alza i toni e scherza con la guerra. La risposta a Zelensky: aiuti militari
Di fronte ai massacri, dobbiamo rispondere con gli aiuti, anche militari, alla resistenza». Queste parole riecheggiano nell’aula della Camera, dove i deputati si sono riuniti per ascoltare la viva voce di Volodymyr Zelensky in collegamento video da Kiev. A pronunciare questa frase, però, non è il presidente ucraino. Ma il capo del governo italiano. Già, proprio così. L’appello alla resistenza armata proviene da Mario Draghi.
Sembra che si siano invertiti i ruoli. Zelensky pare Draghi, Draghi sembra Zelensky. L’ucraino non pronuncia mai la parola «armi», non fa alcun accenno alla «no fly zone». Il suo è un discorso di pace. Gli aiuti per cui ringrazia l’Italia sono solo quelli umanitari. Evidentemente per il presidente del Consiglio non sono sufficienti. Alle bombe di Putin non si può rispondere solo inviando cibo e medicinali. «Quando l’orrore e la violenza sembrano avere il sopravvento, proprio allora dobbiamo difendere i diritti umani e civili, i valori democratici», spiega il premier. Ed è allora, dopo aver «offerto l’accoglienza a chi scappa dalla guerra», che bisogna «rispondere con gli aiuti militari».
Parole che non son piaciute ad un pezzo di maggioranza. A partire dalla Lega. Matteo Salvini non lo nasconde: «Quando si parla di armi fatico ad applaudire, quando si parla di pace sono felice. Abbiamo sostenuto la posizione unitaria in Italia e in Europa. Secondo me la risposta militare è una risposta sbagliata». Il segretario del Carroccio va dritto al punto: «Le sanzioni vanno bene, va bene bloccare i beni degli oligarchi, degli uomini di potere, ma importante è non prendersela con la povera gente che sta subendo questa guerra in Ucraina, in Europa e in Italia. Parlare di nucleare e di armi chimiche è la strada sbagliata. Vorrei che le parole di Zelensky venissero raccolte da Mosca e anche dalla comunità occidentale, non vorrei che qualcuno non volesse il dialogo o la pace, io la voglio. Se qualcuno pensa di inviare militari italiani e europei per risolvere il conflitto, ci portiamo la guerra in casa».
Nonostante definisca «ipocrita» la posizione di Salvini, una condanna dell’intervento di Draghi arriva anche da Sinistra italiana.<ET>Per il segretario Nicola Fratoianni, le parole del presidente del Consiglio «parlano la lingua della guerra, certo non della pace». Mentre i deputati di Alternativa la definiscono una «retorica bellicista che getta benzina sul fuoco».
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E se la Lega è irritata, il M5s non è da meno. Giuseppe Conte porta avanti la sua battaglia affinché l’Italia non investa un euro in più in spese militari. Il capo dei 5 stelle, infatti, si oppone al piano del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che intende far crescere la spesa in armamenti oltre l’attuale 1,4% del Pil, per portarla a quel 2% che ci è richiesto con insistenza dagli Stati Uniti. Guerini punta a un passaggio graduale da 25 a 38 miliardi di euro. Non a caso, ieri fonti grilline hanno fatto sapere che «il M5s è contrario all’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, così come previsto da un ordine del giorno al Dl Ucraina approvato alla Camera». Aumentare gli investimenti nella Difesa viene definito «un brutto segnale». Al momento, la linea di Draghi sembra completamente diversa.