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Giorgia Meloni non perdona l'offesa di Lega e Forza Italia. Presidenzialismo, nervi tesi nel centrodestra

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Arrabbiata, amareggiata, delusa. Giorgia Meloni non ha ancora digerito la bocciatura in Commissione Affari Costituzionali della riforma sul presidenzialismo presentata alla Camera da Fratelli d'Italia e che la vede prima firmataria. Una sconfitta resa ancora più amara perché arrivata per soli due voti (21 a 19 l'esito finale della votazione), grazie alle assenze determinanti dei deputati della Lega Cristian Invernizzi e di Forza Italia Annagrazia Calabria, non sostituiti dai rispettivi partiti. La Meloni, già in un video postato ieri sera a caldo, subito dopo il voto in Commissione, non nascondeva l'amarezza nella convinzione che la riforma sia stata affossata da fuoco amico e che ormai sia finita su un binario morto. Quella del presidenzialismo - torna sull'argomento il presidente di FdI ieri a Montecitorio, intercettata da LaPresse - «è una norma simbolo per il centrodestra, e che non passi per un'assenza proprio del centrodestra è una cosa che ovviamente mi dispiace».

 

«Se non si riesce a far passare, con le assenze determinanti del centrodestra, neanche provvedimenti che sono oggettivamente una bandiera storica di tutti i partiti del centrodestra credo che qualcuno si debba interrogare - insiste la Meloni - Non io che ho portato la legge in Aula», sottolinea, spiegando che adesso l'iter prevede «che si va in Aula con il parere contrario della commissione». «E in Aula già in numeri non ci sono», ricorda il leader dell'opposizione, aggiungendo che «con il parere contrario della commissione le possibilità di passare sono zero. Non c'è una possibilità al mondo, ma se la norma non fosse arrivata in Aula col parere contrario ognuno poi si sarebbe dovuto prendere la responsabilità». In aula il relatore non sarà certo di FdI dopo il parere contrario della commissione. Il sospetto è che qualcuno abbia voluto evitare che a portare avanti la riforma fosse Fratelli d'Italia. Il capogruppo di FdI alla Camera Francesco Lollobrigida dal canto suo è netto nel richiamare all'ordine gli altri partiti di centrodestra: «Per Fratelli d'Italia è l'ora della chiarezza - dice all'AdnKronos - Noi siamo intenzionati a batterci per ciò che abbiamo scritto nei programmi e presentato agli elettori. È indispensabile che anche gli altri che si richiamano a quest' area politica comincino o ricomincino a dimostrare di essere rispettosi degli impegni assunti con chi li ha votati».

 

E Ignazio La Russa - che ieri ha avuto a Montecitorio un pranzo di lavoro con Meloni, Lollobrigida e il responsabile nazionale dell'organizzazione del partito Giovanni Donzelli - si chiede retoricamente cosa sarebbe accaduto se la riforma sul presidenzialismo fosse stato firmata da Matteo Salvini o da Silvio Berlusconi. «È stato un fatto gravissimo. Io spero non ci siano giochi di palazzo spiega il senatore di FdI a Un giorno da pecora su Radio Uno - Non c'è giustificazione. Non è un problema di non andare d'accordo nel centrodestra. È peggio, qui c'è stata o sciatteria o sotterfugio, e questo non ci piace. La cosa ci è dispiaciuta, il problema c'è». La Russa conferma poi l'arrabbiatura della Meloni «perché la proposta era a prima firma sua. Se fosse stato un disegno di legge a firma Salvini o Berlusconi state sicuri che sarebbero stati tutti presenti». Insomma, nella coalizione resta il gelo. «Il problema è semplice - evidenzia La Russa - Noi vogliamo capire con chiarezza se il centrodestra esiste, e per esistere deve avere un obiettivo preciso, quello di privilegiare l'alleanza ad altri tipi di connubi. Abbiamo accettato che Lega e FI stessero al governo con Pd e M5s, ma non accettiamo votazioni come queste o l'elezione del presidente della Repubblica. Non abbiamo litigato con gli alleati, siamo in attesa di garanzie per il futuro». «I due assenti - aggiunge La Russa -non hanno votato contro, si sono giustificati dicendo che non era una scelta politica. Comunque sia è stato gravissimo che sia accaduto per colpa di due esponenti del centrodestra, speriamo si possa recuperare ma non c'è giustificazione: se la cosa non è voluta, è peggio, perché sarebbe sciatteria. La gravità rimane. Non ne faccio un dramma, ma il problema c'è. Ne ho parlato con Giorgia, non ho finito il discorso ma sono quasi certo che lei propenda più per il fatto non casuale». Insomma, nessuna ricucitura nei rapporti interni al centrodestra, disintegrato a livello parlamentare in seguito alla rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale. La bocciatura in commissione del presidenzialismo è solo l'ultimo incidente. E alle porte ci sono una nuova tornata amministrativa in primavera e le regionali in Sicilia in autunno, col nodo-Musumeci ancora da sciogliere.

 

Nei giorni scorsi erano circolate le voci di un vertice tra i tre leader del centrodestra per dirimere tutte le questioni, a partire dalla Sicilia. Si era parlato anche di un incontro bilaterale tra la Meloni e Salvini, un chiarimento necessario dopo le incomprensioni degli ultimi mesi e dopo l'ultimo incidente sul federalismo. Ma nessun summit è in programma, né a tre né a due. I rapporti restano ancora troppo freddi e tesi. Da FI si fa notare come per il momento non ci sia aria d'incontri, sottolineando l'esigenza di far calare la tensione prima dell'ennesimo chiarimento faccia a faccia tra i tre leader del centrodestra. Mai necessario come ora. 

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