Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Caro-energia, il Pnrr è già vecchio e l'Europa di più. Alla fine il conto lo paga sempre la gente

Gianluigi Paragone
  • a
  • a
  • a

È come se, di colpo, il governo avesse capito che nella cassetta degli attrezzi mancassero gli strumenti giusti per tamponare una situazione che già incide sulle famiglie e sul tessuto imprenditoriale italiano.

Come già ho avuto modo di scrivere e di ribadire in altre sedi, l’uomo del whatever it takes sta scoprendo la mancanza della leva da azionare: allora azionò il famoso bazooka monetario, il quantitative easing, per mettere a terra gli speculatori fingendo di trasformare la Bce in un prestatore di ultima istanza illimitato; oggi non può azionare nulla. Dovrebbe, al contrario, chiedere alla Unione Europea il permesso per uno scostamento di bilancio che però non vuole avviare per evitare di trovarsi ulteriormente indebitato.

 

Da qui, dunque, un po’ di magheggi nella speranza che il gioco di prestigio funzioni il più a lungo possibile. Non durerà, perché gli oneri di sistema non potranno restare sospesi a lungo e finirà come con le cartelle esattoriali e le altre scadenze congelate durante la pandemia; insomma arriverà il giorno in cui bisogna pagare il conto delle crisi. E allora si torna alla domanda: gli Stati, i governi, che fanno? Il conto deve finire sempre sul tavolo di famiglie, imprenditori e lavoratori? Prima che le bollette e il caro benzina deflagrassero nelle case e nei capannoni degli italiani, il governo e la maggioranza usavano la formula magica del Pnrr e dei tanti soldi che sarebbero arrivati dall’Europa, ora sappiamo che quei soldi non serviranno per risolvere i problemi di oggi. Il Pnrr è già vecchio sia come strumento sia come piano di intervento. Il «conto corrente» del piano di ripresa e resilienza non è utilizzabile perché è vincolato.

 

Quei soldi sono legati a progetti concepiti in scenari dove la guerra non era una opzione possibile (a conferma del fatto che Putin andava bene così e non si poteva fare a meno del gas russo) e lo switch sull’elettrico o la visione ecosostenibile avrebbero viaggiato su una tabella di marcia dettata dalla Germania e dalla Francia. Al netto dell’inganno finanziario a debito, il Pnrr era un modo per farci spendere dei soldi, far guadagnare altre economie e farci sentire felici perché saremmo andati incontro al fantastico mondo di Greta. Peccato che la somma di emergenza post pandemica e guerra in Ucraina abbia fatto saltare tutti i piani e per fare fronte alle difficoltà dei cittadini lo Stato deve spendere hic et nunc, con finanza propria non dipendente da altri: i cittadini chiedono bollette meno care e benzina più leggera, a chi tocca pagare il conto? Se il Pnrr è vecchio, la Ue lo è ancora di più. Il tema dell’uscita tornerà prepotente. 

 

I governi - poiché spogliati di una sovranità politica e di bilancio - non possono aspettare nuovi giri di soldi a prestito, tanto meno appunto dall’Europa, la quale nemmeno stavolta ha fatto bella figura: non ha soldi da dare ai cittadini ma ha soldi da spendere in armi e rifornimenti militari da girare all’Ucraina. Bell’affare! Più passeranno le settimane e più l’inganno del Pnrr sarà sotto gli occhi di tutti, governanti e maggioranza in testa. Stavolta le chiacchiere stanno a zero e a chi ci dirà che «Arriveranno i soldi dall’Europa», noi ribatteremo: quando di preciso? Famiglie e imprese il conto di bollette, carburante e spesa lo pagano subito.

Dai blog