Caro-energia, il Pnrr è già vecchio e l'Europa di più. Alla fine il conto lo paga sempre la gente
È come se, di colpo, il governo avesse capito che nella cassetta degli attrezzi mancassero gli strumenti giusti per tamponare una situazione che già incide sulle famiglie e sul tessuto imprenditoriale italiano.
Come già ho avuto modo di scrivere e di ribadire in altre sedi, l’uomo del whatever it takes sta scoprendo la mancanza della leva da azionare: allora azionò il famoso bazooka monetario, il quantitative easing, per mettere a terra gli speculatori fingendo di trasformare la Bce in un prestatore di ultima istanza illimitato; oggi non può azionare nulla. Dovrebbe, al contrario, chiedere alla Unione Europea il permesso per uno scostamento di bilancio che però non vuole avviare per evitare di trovarsi ulteriormente indebitato.
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Da qui, dunque, un po’ di magheggi nella speranza che il gioco di prestigio funzioni il più a lungo possibile. Non durerà, perché gli oneri di sistema non potranno restare sospesi a lungo e finirà come con le cartelle esattoriali e le altre scadenze congelate durante la pandemia; insomma arriverà il giorno in cui bisogna pagare il conto delle crisi. E allora si torna alla domanda: gli Stati, i governi, che fanno? Il conto deve finire sempre sul tavolo di famiglie, imprenditori e lavoratori? Prima che le bollette e il caro benzina deflagrassero nelle case e nei capannoni degli italiani, il governo e la maggioranza usavano la formula magica del Pnrr e dei tanti soldi che sarebbero arrivati dall’Europa, ora sappiamo che quei soldi non serviranno per risolvere i problemi di oggi. Il Pnrr è già vecchio sia come strumento sia come piano di intervento. Il «conto corrente» del piano di ripresa e resilienza non è utilizzabile perché è vincolato.
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Quei soldi sono legati a progetti concepiti in scenari dove la guerra non era una opzione possibile (a conferma del fatto che Putin andava bene così e non si poteva fare a meno del gas russo) e lo switch sull’elettrico o la visione ecosostenibile avrebbero viaggiato su una tabella di marcia dettata dalla Germania e dalla Francia. Al netto dell’inganno finanziario a debito, il Pnrr era un modo per farci spendere dei soldi, far guadagnare altre economie e farci sentire felici perché saremmo andati incontro al fantastico mondo di Greta. Peccato che la somma di emergenza post pandemica e guerra in Ucraina abbia fatto saltare tutti i piani e per fare fronte alle difficoltà dei cittadini lo Stato deve spendere hic et nunc, con finanza propria non dipendente da altri: i cittadini chiedono bollette meno care e benzina più leggera, a chi tocca pagare il conto? Se il Pnrr è vecchio, la Ue lo è ancora di più. Il tema dell’uscita tornerà prepotente.
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I governi - poiché spogliati di una sovranità politica e di bilancio - non possono aspettare nuovi giri di soldi a prestito, tanto meno appunto dall’Europa, la quale nemmeno stavolta ha fatto bella figura: non ha soldi da dare ai cittadini ma ha soldi da spendere in armi e rifornimenti militari da girare all’Ucraina. Bell’affare! Più passeranno le settimane e più l’inganno del Pnrr sarà sotto gli occhi di tutti, governanti e maggioranza in testa. Stavolta le chiacchiere stanno a zero e a chi ci dirà che «Arriveranno i soldi dall’Europa», noi ribatteremo: quando di preciso? Famiglie e imprese il conto di bollette, carburante e spesa lo pagano subito.