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Ucraina, Vladimir Putin ha creato la nuova guerra fredda: di chi è la colpa tra Nato e zar

Riccardo Mazzoni
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Venti anni fa a Pratica di Mare l'allora premier Berlusconi riuscì a concretizzare un disegno che sembrò lo sbocco naturale del percorso di distensione iniziato nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino. La Nato adottò infatti la Dichiarazione di Roma, dando via libera al Consiglio a venti che comprendeva per la prima volta anche la Russia, chiamata così alla condivisione, con le potenze occidentali, delle sfide globali del nuovo Millennio. Era purtroppo un'illusione ottica progressivamente dissolta da una serie di eventi culminati con l'invasione russa dell'Ucraina e con l'allerta nucleare dichiarata da Putin.

Ma di chi è la colpa? Della Nato che estendendosi a Est ha rinnegato i patti, come sostengono Mosca e i pacifisti occidentali, o piuttosto del risveglio imperiale del nuovo zar-dittatore? Per dare una risposta basta ripercorrere la storia europea degli ultimi trent' anni, dopo che Yeltsin nel '91 decretò la disgregazione dell'Unione Sovietica.

Ci fu, è vero, una corsa dei Paesi ex satelliti a chiedere l'adesione alla Nato e all'Ue, senza però che il Cremlino opponesse mai un'esplicita contrarietà. Anzi, il percorso per dare un assetto strutturale alla distensione Est-Ovest era iniziato già nel '94, con l'offerta da parte della Nato del Partenariato per la pace, seguita dall'invito a entrare nel Consiglio d'Europa e dalla creazione del Consiglio Nato-Russia nel 2002, oltre alla progressiva riduzione delle armi americane dispiegate in Europa. E' stata dunque Mosca a violare sistematicamente gli impegni internazionali e a riaprire in solitario una politica di potenza, in Georgia come in Siria, in Libia come nell'Africa centrale.

Ebbene, in questi anni l'Occidente a Putin ha perdonato tutto, forse troppo, a partire dalle stragi di Aleppo e di Grozny. La Nato decise di sospendere la cooperazione civile e militare con Mosca solo nell'aprile 2014, a causa dell'annessione della Crimea, e da allora Putin ha sempre alzato la posta contro l'Ucraina, alimentando un conflitto a bassa intensità nelle repubbliche separatiste del Donbass in spregio agli accordi di Minsk, che in realtà nessun delle due parti ha mai rispettato. Un tassello dietro l'altro di un tragico mosaico che ora arriva a compimento con l'invasione totale dell'Ucraina, di cui Mosca nega addirittura l'esistenza storica come nazione. Mail pericolo della Nato alle frontiere è in tutta evidenza solo un pretesto propagandistico, perché l'Alleanza non è certo arrivata ora nei Paesi baltici, in Polonia e in Ungheria, e perché l'ingresso dell'Ucraina non è mai stato in agenda.

Non solo: quando Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania chiesero alla Nato di stanziare le sue forze in forma permanente lungo i confini russi, Obama spiegò il suo diniego con la volontà di rispettare i trattati, a partire dal Nato-Russia Founding Act del 1997 con cui l'Alleanza rinunciava a nuovi dispiegamenti permanenti di truppe nell'Europa dell'Est. Una decisione revocata solo dopo l'escalation innescata da Mosca prima in Crimea e poi nell'Ucraina dell'est. Putin non ha dunque alcun alibi, e, l'invasione di uno Stato sovrano da parte di un esercito regolare che fa strage della popolazione civile certifica in modo inequivocabile chi sta dalla parte sbagliata della storia. 

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