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Mario Draghi che fine ha fatto: il governatore che tutto poteva sparito dai radar

Gianluigi Paragone
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Che fine ha fatto SuperMario? I fasti del mito del «whatever it takes to save the euro» sono lontani. Così come l'eco del tono alla John Wayne con cui Mario Draghi minacciava gli speculatori pronti ad azzannare la moneta unica approfittando delle tempeste finanziarie e della crisi post Lehman Brothers.

Oggi del Governatore che tremare il mondo fa non resta che lo sguardo perso e una voce grossa formato Palazzo Chigi, buona per spaventare un Salvini ormai tremante e una banda di partiti dal Pd ai Cinquestelle passando per Forza Italia - condannati a tenersi abbracciati per stare in piedi.

Mario Draghi appare come una comparsa, persino laddove i suoi colleghi stanno giocando la partita pesante della crisi ucraina: lui non c'è, non invitato. Balbetta soluzioni tipo «Spegnete i termosifoni» o «riapriremo le centrali a carbone» o ancora parla di trattative col Qatar e con l'Azerbaijan due paesi noti per essere campioni di trasparenza e democrazia.

Anche Mario Draghi insomma si è impantanato. Come già accadde all'altro Mario, l'osannato Professor Monti, messo lì dalla Troika per salvare gli interessi più dell'Europa (e di chi lavora per l'Europa) che degli italiani. Draghi e Monti, vittime della loro hybris, della loro superbia. Così il Governatore che salvò l'euro e l'Europa con il Credo del «Whatever it takes», tutto quello che serve, oggi resta privo di poteri a fronte di una situazione che diventa difficile quando non hai la leva del quantitative, cioè della spesa illimitata (ammesso che poi lo fosse davvero).

Nessuna riduzione delle bollette e del gas sarà mai possibile senza una sovranità monetaria e una supremazia degli Stati rispetto agli interessi delle multinazionali, le quali macinano profitti record ogni qual volta ci sono crisi ed emergenze. Di tutto avremmo bisogno oggi tranne di un esecutivo arrogante e inetto: dal pessimo Speranza chiuso nella logica sovietica dei lasciapassare, alla questurina Lamorgese incapace di gestire il boom di violenza urbana provocata da bande di criminali e teppisti; dal ministro dei salotti economici Giorgetti (un altro che se ti domandassero cosa mai abbia azzeccato in vita sua, non sai che rispondere, tuttavia piace alla gente che piace) all'uomo di Vodafone in missione Colao, quello che sta studiando come cinesizzarci. A costoro l'altro giorno si è aggiunto la Vispa Teresa della Transizione ecologica, Roberto Cingolani: «I rincari sono immotivati, questa è una colossale truffa».

Se dunque Cingolani parla un po' come il professor Pazzaglia di Quelli della Notte, se Speranza pare uscito da un film di Orson Welles e via cantando, è normale domandarsi che fine abbia fatto Mario Draghi: era davvero un Avengers cui sono finiti i poteri di supereroe oppure è l'uomo della finanza arrivato per completare l'opera di trasformazione dell'Italia da paese capace di miracoli economici a paese preda di logiche finanziarie? Era facile bloccare il paese coi lockdown de facto e ancor più facile costruire la narrazione di scontro tra vaccinati e non vaccinati secondo lo schema buoni e cattivi, con quest' ultimi addirittura da lasciare senza stipendio.

Ora però che il caro vita, il caro bollette e il caro benzina stringono al collo degli italiani, l'uomo del whatever it takes ci deve dire se è capace , se è un bluff o se vuole assistere al nostro inabissamento (mentre un altro Britannia prende il largo). 

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