"Importeremo cibo da Stati Uniti e Argentina". Così Draghi vuole evitare l'economia di guerra
"Al momento non siamo ancora in una prospettiva di economia di guerra, ma occorre prepararsi". Dal vertice Ue di Bruxelles Mario Draghi prova a tranquillizzare l'opinione pubblica alle prese con la preoccupazione per le conseguenze del conflitto bellico tra Russia e Ucraina, ma non riesce fino in fondo a nascondere i timori. Perplessità che non riguardano solo il tema dell'energia, con l'Italia che è al lavoro per trovare forniture alternative a quelle russe, ma anche altri tipi di materie prime. In particolare quelle relative al settore agroalimentare. "Una delle risposte che viene naturalmente data è che se questo dovesse perdurare o aggravarsi occorrerà importare da altri paesi, Stati Uniti, Canada, Argentina" spiega il premier.
"Dobbiamo immaginare che le interruzioni nei flussi di approvigionamento possano accadere, specialmente se la guerra continuerà per tanto tempo - ha aggiunto Draghi. - La risposta consiste nell’approvvigionarsi altrove, costruire nuove relazioni commerciali. Bisogna essere reattivi a queste cose, non bisogna soggiacere all’angoscia e alla preoccupazione, e subire passivamente".
La crisi si mangia le prime industrie: pesa il caro-energia e scarseggiano i materiali
Una risposta europea che è necessaria anche dal punto di vista dell'energia e delle spese per la difesa. "I bisogni finanziari dell’Ue per rispettare gli obiettivi di clima, di difesa e una politica per l’energia sono molto grandi. Secondo i calcoli della Commissione il fabbisogno finanziario è da 1,5 a 2 e più trilioni di euro nei prossimi 5-6 anni, questo per rispettare gli obiettivi climatici e per metterci in regola con le promesse sottoscritte nella Nato. I bilanci nazionali - ha ribadito - non hanno questo spazio e bisogna trovare un compromesso su come generare queste risorse. All’interno dei bilanci nazionali non c’è questo posto e su questo la discussione continuerà".