vecchio vizio della sinistra
Per Gualtieri romani evasori, il sindaco di Roma non perde il tic del comunista
Non c’è niente da fare, nella testa di Roberto Gualtieri resta quel vecchio vizio comunista per cui chi è titolare di lavoro autonomo rimane un evasore incallito da abbattere. E magari prossimamente dovremo anche esibire i nostri documenti al sindaco di Roma, novello maresciallo maggiore impegnato in un’ardita lotta all’evasione fiscale in un paese ormai allo stremo. Quel che non è riuscito a fare da ministro dell’economia del governo Conte – da lì rimosso da Mario Draghi che della materia ci capisce di più – lo vuole fare da borgomastro della Città eterna. E ieri, in maniera abbastanza artigianale – anzi no, se scriviamo così rischia di pagare tasse in più pure lui – Gualtieri sembrava essersi svegliato da un sogno sui miliardi evasi dai cittadini romani.
Alla presentazione del solito protocollo antievasori che fa tanto chic da sottoscrivere con Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza, il Dracula de’ noantri ha detto la sua: «L’evasione a Roma? Se andiamo a prendere i dati del 2021 a livello nazionale, calcolati sul 2019, risulta di poco meno di 100 miliardi. Si può quindi stimare l’evasione fiscale e tributaria su Roma (che pesa sempre per una percentuale di circa il 10%) sia di circa 9 miliardi di euro. C’è un tema più generale che riguarda gli enti locali. È infatti molto forte, nella Capitale, l’evasione della TaRi».
Dunque, evasione fiscale calcolata a spanne. Cento miliardi, come se fossimo al gioco di tutto il cucuzzaro. «E quanti sennò?». Senza offrire alcun dato statistico, che magari ci si sarebbe aspettato proprio da uno che ha fatto il ministro dell’economia. Ma erano chiacchiere senza competenza, evidentemente, tanto per dire che a Roma si evadono nove miliardi al fisco. E butta lì la TaRi, che semmai è un miracolo che ci sia chi la paga ancora.
Perché il servizio di raccolta dei rifiuti è meglio non commentarlo, ci pensano valanghe di post sui social e articoli sui giornali meno compiacenti (ormai pochi, per la verità). A Gualtieri sfugge un dato che riguarda il rapporto costi/benefici. Un vecchio detto milanese afferma: «Lavoro e guadagno, pago e pretendo». Dalle nostre parti potremmo dire: «Pagare moneta, vedere cammello». Perché in realtà noi residenti a Roma paghiamo proprio la Tari più che ogni altro cittadino italiano. E quindi ha fatto il paragone più sbagliato.
Ma c’è di peggio, nelle intenzioni del sindaco. È vero che le norme vigenti consentono alle amministrazioni locali di segnalare al fisco «situazioni che evidenziano comportamenti evasivi e/o elusivi, che l’Agenzia delle Entrate potrà poi utilizzare per dare vita ad un accertamento fiscale», come si afferma nel protocollo che Gualtieri ha sottoscritto con Finanza e Agenzia delle entrate. E quindi guai a chi sarà nel suo mirino.
Ma arrivare a minacciare la mannaia fiscale nel momento peggiore per il sistema Paese lascia capire che razza di tic alberghi nella testolina del sindaco di Roma. Ogni volta che arriva a casa o in modalità informatica una bolletta le imprecazioni arrivano al cielo. Tanto più adesso, che agli abituali salassi locali e nazionali si aggiungono le bastonate su luce e gas, che saranno ulteriormente aggravate dal conflitto bellico in corso in Ucraina. E Gualtieri trova il tempo per darsi da fare in materia fiscale. Complimenti, e a chi promette le sue cure? Anche qui, basta la lettura dei documenti siglati: caccia aperta a «commercio e professioni, urbanistica e territorio, proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, residenze fittizie all’estero e la disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva dei cittadini residenti».
Fermi tutti e flessioni per non dare in escandescenze: ci può spiegare il sindaco che cosa sono quelle residenze fittizie a cui si fa riferimento? A chi trasferisce se stesso e i suoi familiari laddove si pagano meno tasse che da noi? Lo sa, Gualtieri, come si chiama questo? Resistenza, una parola che dovrebbe piacergli e che è usata da chi si è scocciato di vedersi svuotare le tasche. Piuttosto, usi la sua autorevolezza per pretendere semmai il caso drastico della pressione fiscale, che il cittadino non sa più come andare avanti.
Provi a visitare l’ufficio speciale condono edilizio, magari, e scoprirà quanti soldi in meno arrivano al cassiere della città perché c’è un arretrato che fa paura. Smaltiscano le pratiche vecchie di svariati anni e vedrà che i quattrini arriveranno pure in Campidoglio. Oppure pretenda che finalmente si paghino affitti evasi da decenni nelle case popolari. Pensi, signor sindaco, persino il suo partito, il Pd, è stato pizzicato come moroso e a più riprese. Vale pure per i suoi compagni il protocollo sottoscritto con Guarda di Finanza e Agenzia delle entrate?
O almeno vale per quell’enorme esercizio di lavoro clandestino che infila le sue rimesse a casa senza versare quanto dovuto all’erario?
Vantava di essere un economista solo per essersi seduto alla scrivania di Quintino Sella. Ma la competenza non si inventa, procedendo per slogan. Lo abbiamo visto all’opera da ministro e ora, ahinoi, ci tocca da sindaco. Ma sbagliando sia qui che là non si rimettono a posto le casse cittadine: si fanno solo arrabbiare i contribuenti romani. Prima lo faceva con tutti gli italiani...