ironia della storia
L'olio di ricino torna di moda come carburante biologico
Ironia della storia. Quello che per anni, e anche oggi in realtà, è considerato uno dei simboli del ventennio fascista, e cioè l'olio di ricino, proposto a forza ai riottosi oppositori del regime, oggi sta per tramutarsi in una risorsa energetica sulla quale puntare per combattere il caro bollette.
Già, nell'affannosa ricerca di combustibili per mandare avanti trattori e camion il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani le sta provando tutte. Anche a costo di risvegliare dispute ideologiche mai sopite. Con l'olio estratto da semi della pianta di ricino è infatti possibile ottenere un carburante che genera emissioni di anidride carbonica ridotte fino al 90%. E dire che finora la stessa sostanza oltre ad avere usi industriali nella fabbricazione di saponi, lubrificanti e profumi era tristemente nota come lassativo. Una purga insomma dall'odore e dal sapore piuttosto sgradevoli, e per questo tristemente usato dai più facinorosi esponenti del Ventennio.
Ora, dopo un secolo, la sua reputazione potrebbe cambiare radicalmente. Così pensa Cingolani visto che con opportuni trattamenti, l'olio di ricino, potrebbe essere usato per alimentare i motori diesel attuali senza alcuna modifica. Non si tratta di una boutade. Il responsabile del dicastero che si occupa della transizione ecologica, le potenzialità dell'olio di ricino, le ha messe nero su bianco nel decreto contro il caro energia varate dal governo venerdì scorso.
Tra le misure prese per mitigare i rincari energetici, ha spiegato il ministro, è presente «un investimento un po' più tecnologico sui biocarburanti, soprattutto quelli in purezza, da filiere sostenibili». Una famiglia di combustibili alcuni dei quali arrivano proprio dalle lavorazioni industriale dell'olio. L'obiettivo dichiarato è di raggiungere «un'emissione di 200mila tonnellate nel 2023 e una progressione annuale di 50mila tonnellate ogni anno».
Numeri che consentirebbero di raggiungere la percentuale richiesta dalla nuova direttiva Ue, cioè il 16% di biocarburanti entro il 2030. La spinta all'uso della purga nel serbatoio trova già un valido produttore nel gruppo del Cane a Sei Zampe. L'Eni, guidata dall'ad Claudio Descalzi, ha già avviato un progetto di coltivazione sperimentale della pianta del ricino nelle zone semidesertiche della Tunisia. Anche questo un grande vantaggio perché la pianta è in grado svilupparsi con poco utilizzo di acqua, anche non pura, e dunque senza utilizzare terreni più fertili che restano destinati alle funzione di semina per l'alimentare. Insomma nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale il valore negativo assegnato al ricino dalla storia sta per cambiare.
Altro che purghe agli avversari politici, nei prossimi anni la pianta più politicizzata della storia, che mantiene un posto nella classifica di quelle il cui prestigio e conoscenza è uscito dai manuali della botanica per assumere altre valenze, come nel caso del fungo Peyote o della marjuana, diventerà un altro tassello della strategia per salvare il pianeta. Strana la vita. Ma neanche tanto.