soffiano sul fuoco della violenza
Le tensioni sulla scuola rischiano di degenerare: qualcuno strumentalizza i nostri figli
In campana, che ci si fa male. La protesta degli studenti rischia di degenerare, il fuoco della contestazione a tratti violenta divampa, occhio che se non si pone un argine crolla tutto e diventa davvero difficile ricostruire. Tra Napoli, Palermo Milano, Roma e soprattutto Torino ieri si sono registrate tensioni di cui non si sentiva la mancanza, finanche con aggressioni a danno di poliziotti e carabinieri chiamati a garantire la sicurezza di tutti. C'è un diritto a manifestare che non si può mettere in discussione; ma c'è anche il dovere di contrastare ogni tipo di strumentalizzazione. E quando - come ha detto il sottosegretario all'istruzione Rossano Sasso - si urlano «slogan che richiamano apertamente gli anni di piombo», si rompe ogni dialogo possibile. La violenza è inaccettabile. A Torino sei carabinieri e un funzionario di polizia sono stati aggrediti in maniera selvaggia, a bastonate e a pietrate. Anche questo spettacolo non lo si vedeva da tempo. Le forze dell'ordine erano schierate a difesa di un obiettivo di altri tempi, nella Torino operaia: la Confindustria, con il tentativo di un gruppo di giovani di forzare i cancelli di ingresso della sede dell'organizzazione. Poco prima un lancio di uova riempite con vernice rossa aveva imbrattato la facciata dell'edificio.
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È impossibile non risalire con la memoria a quegli anni terribili della violenza - e poi del terrore - contro i luoghi simbolo. La polizia. I «padroni». I cosiddetti nemici del popolo colpiti dagli studenti. Che cosa c'entra tutto questo con le rivendicazioni dei nostri figli? Chi li spinge a quel tipo di assalti? Chi ordina loro di aggredire poliziotti e carabinieri? Domande obbligate, perché è impossibile immaginare che quei ragazzi abbiano organizzato da soli tutto quel gran casino. La protesta studentesca ha messo nel mirino l'alternanza scuola lavoro e il ministro Pietro Bianchi. Il che ci può sicuramente stare, soprattutto di fronte alle tragedie dei giorni scorsi e due ragazzi morti. Ma se la rabbia sfocia nella violenza contro obiettivi così precisi, diventa impossibile non ripensare proprio a quei terribili periodi e auspicare che non ci sia la stessa sottovalutazione di allora ai primi episodi da parte dello Stato.
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È un clima che si sta intossicando, che inevitabilmente si intreccerà con le tensioni sociali in arrivo. Ora che la pandemia pare volgere al termine, non saranno più i no-vax a creare allarme nelle piazze. Agli studenti si uniranno quanti temeranno per i posti di lavoro se non si riuscirà per davvero a intercettare la ripresa di cui tanto si parla senza ancora vedere i risultati promessi. E lo stesso Draghi rischia di diventare il bersaglio della contestazione: perché è il suo governo a dover portare l'Italia fuori dalla crisi che viviamo. L'investimento nella scuola deve essere considerato prioritario, così come quello sul lavoro. L'illusione assistenzialista deve lasciare il passo a politiche di sviluppo reale. Se tutto rimane come ora, l'avrà vinta chi soffia sul fuoco della protesta.